Entrare nel mondo del Disordine delle cose non è semplice. L’assimilazione non è immediata. Numerose sono le influenze che la band novarese mette sul piatto amalgamandole in maniera ottimale e infarcendole con intuizioni decisamente azzeccate. Una su tutte è il finale di Conseguenze. Per dare delle coordinate stilistiche i nostri si appoggiano al “grunge”, in senso lato, degli Smashin Pumpkins, omaggiati nell’opening track Non basta mai. Da qui poi si spostano aggiungendo atmosfere post metal con riverberi accentuati sulla voce e riff reiterati, tastiere vintage e sonorità post rock che spesse volte ricordano i Radiohead. Ottima la produzione che offre un suono non freddo ma sufficientemente “pastoso” e avvolgente. Unica nota traballante la voce in diversi passaggi troppo poco espressiva e dall’accento troppo presente. Nel complesso un disco più che buono questo dei piemontesi con alcuni angoli ancora smussabili ma che certo ha raggiunto un buon traguardo, quello della riconoscibilità della band.