Testo e foto di Marco Scipioni
“Amare non vuol dire guardare l’uno verso l’altro, ma guardare insieme nella stessa direzione”. Con questa citazione di Antoine-Marie-Roger de Saint-Exupéry, Andrea Galasso chiude l’ultimo dei racconti che caratterizza lo spettacolo di “Accentrica: racconti sonori”. La gran voce di Gloria Anastasi e la chitarra di Valerio Iori interpretano “All is full of love” di Björk mentre nella testa degli spettatori del Teatro Imperiale di Guidonia ancora risuona chiaro l’eco di quelle ultime parole che hanno chiuso il racconto di Francesco e Chiara d’Assisi. Accentrica è uno spettacolo semplice agli occhi di uno spettatore distratto: coreografie inesistenti, brani interpretati ed arrangiati in maniera essenziale fra un racconto e l’altro, classica tecnica narrativa improntata sull’astrazione degli episodi, suspense fino all’ultimo per conoscere il nome del protagonista della storia fin lì narrata. Cosa c’è di speciale in questo spettacolo, vi chiedete voi? Esattamente quello che ci viene detto alla fine: la capacità di riuscire a far guardare gli spettatori nella stessa direzione del narratore. E badate bene, non è un panorama semplice quello che Andrea Galasso & co. ci fanno guardare. Accentrica racconta storie di nonviolenza, sapientemente unite con le immagini sullo sfondo e le canzoni che Gloria Anastasi e Valerio Iori interpretano. Si comincia con la storia di Nelson Mandela. La sua prigionia di 27 anni (di cui 18 in una cella di un metro per un metro all’interno del carcere di Robben Island), la sua lotta per non impazzire scrivendo dei diari, la lotta nonviolenta per riuscire ad abbattere la mostruosa apartheid del suo Sudafrica. La lunga marcia verso la libertà di Madiba è sicuramente uno dei modi migliori per far capire agli spettatori il panorama sul quale Accentrica intende farli affacciare. Ma la nonviolenza è fatta anche di storie “minori”, altrettanto intrise di grandezza per il coraggio delle azioni che i personaggi hanno saputo intraprende. Ed è così che insieme alle storie di Mandela, Martin Luther King e Francesco e Chiara d’Assisi arrivano anche i racconti straordinari di personaggi più o meno assenti dai libri di storia scolasticamente intesi: Henrietta Tubman (il Mosè della gente nera, simbolo della lotta per la libertà degli schiavi neri d’America), Bronislawa Wajs (conosciuta con il suo nome gitano Papusza, poetessa rom di fama mondiale e sopravvissuta alla detenzione nel campo di sterminio di Auschwitz), Sophie Scholl (simbolo della resistenza nonviolenta al Terzo Reich). Storie, racconti, momenti di vita straordinari pur se affogati nel sangue che la violenza porta con sé. Quello che Accentrica cerca di raccontarci è un percorso che può durare tutta una vita. Il loro è un lavoro di testimonianza che non ha bisogno di palchi, luci e scenografie. Gli basta semplicemente la forza della parola, della musica e quella densità di significato racchiusa nella già citata frase finale: “Amare non vuol dire guardarsi l’un l’altro, ma guardare insieme nella stessa direzione”. Loro con il pubblico che hanno davanti ci riescono sempre benissimo.