Recensione di Carmine Rubicco
Il rock contemporaneo made in Italy, con tanto di cantato in lingua madre. Un plauso di deciso rilievo va alla produzione di questo primo disco del combo anconetano. Chitarre potenti e suoni densi. Un wall of sound di tutto rispetto pur non trattandosi di metal tout court. Cella Zero, questo il titolo del disco, è annoverabile stilisticamente nei suoni e nei riff che hanno band quali Tool, primissimi Soundgarden, 30 second to mars e via discorrendo con spruzzate del grunge più oscuro. Riff monolitici per un viaggio in anfratti scuri e insidiosi dell’animo umano. Testi intimisti, tempi dispari, riff dissonanti. Un mix che ben fa presagire per il futuro. Tuttavia la monoliticità se da una parte dona forza ad un primo lavoro di sicuro rilievo, dall’altra lo appiattisce non permettendo a nessun brano di risaltare sugli altri, così come anche dopo ripetuti ascolti le armonie dei diversi pezzi si confondono. Un ultima annotazione va alla voce. Ottimo il lavoro di Emanuele Caporaletti, dinamico, che ben passa da frangenti urlati a passaggi più “soft”. Limite sono i riferimenti stilistici, Subsonica e Marlene Kuntz su tutti. Essendo il primo disco che le influenze si facciano sentire potrebbe non togliere nulla al lavoro complessivo. Ma una riserva non può non esserci. Si dovrà attendere la prossima produzione per poter verificare la crescita e conseguente personalizzazione del cantato. Per il momento ci si può limitare a gustare un disco ben suonato, ottimamente prodotto che porta in nuce ottime potenzialità.