Intervista raccolta da Ilaria Degl’Innocenti
Lavoro “inusuale” quello che gli Hardcore Superstar hanno deciso di presentare al mondo. Inusuale per loro perché la band ha deciso di recuperare delle vecchie demo quasi dimenticate e riportarle alla luce aggiungendo del materiale “fresco”. L’estate scorsa sono stati a Pasadena a registrare e sistemare il tutto direttamente presso lo studio del grande produttore Joe Barresi, nome dell’industria discografica che ha lavorato con artisti del calibro di Kyuss, Queens Of Stone Age e Bad Religion, cosa che ha influito sul risultato finale. In questa intervista Jocke Berg parla di questo ultimo lavoro in studio, della band ed altre curiosità.
Potreste parlarci con maggiori dettagli della realizzazione del vostro ultimo album, uscito gli ultimi giorni di aprile?
Il nuovo album contiene appunto tre vecchie demo del 1994 che abbiamo deciso di riproporre, riscrivere e riarrangiare ed in più abbiamo inserito all’interno altre canzoni nuove.
In un certo senso si potrebbe dire che il disco è una vostra autoproduzione, ma avete lavorato con un grandissimo nome dell’industria discografica che ha collaborato anche con i Bad Regligion: Joe Barresi.
Sì. Siamo stati a Pasadena, l’estate scorsa, per missarlo e registrarlo nel suo studio. Ha trasformato quelle vecchie demo, quel vecchio materiale, in brani articolati e ben strutturati, più grunge anni ’90. E’ un grande produttore, la sua fama lo precede.
Durante tutta la vostra carriera, avete sempre avuto un approccio diretto con il pubblico, è il vostro biglietto da visita. Un atteggiamento simile a quello di alcune band grunge o punk, poco “divistico”, come durante il Gods Of Metal del 2012, dove avete iniziato a lanciare bicchieri di plastica verso il pubblico. E’ un approccio che continuerete a mantenere o qualcosa è cambiato con questo ultimo album?
Quella fu davvero una bellissima esperienza, anche perché il pubblico in Italia ci apprezza moltissimo. Dal vivo siamo una band che ha sempre proposto show molto diretti. Questo lavoro in studio ha un artwork minimale e dà un approccio molto immediato con l’audience.
Ci puoi parlare di ”The Ocean”?
The Ocean è la canzone nella quale mi rispecchio di più tra tutte quelle che abbiamo inserito, perché parla della vita e delle sue avversità. C’è anche un’altra canzone significativa dell’album, più punk, Don’t Mean Shit, la prima canzone del disco.
Nel vostro tour ultimo che avete svolto, avete portato con voi, come supporto, una band emergente svedese punk, postgrunge, i Nitrodive.
Sì, solo per le date in Germania, Inghilterra e Polonia. E’ una band che sta crescendo.
Quali sono i tuoi hobbies al di fuori della musica? Sappiamo che ti piace collezionare tatuaggi e giubbotti di pelle, mentre al vostro batterista, Adde, piace collezionare tazzine di porcellana antiche. E’ vero?
Sì, colleziono giubbotti di pelle da molto tempo, adoro le Harley Davidson. Tu pensa che il più vecchio che ho è del 1974.
Potresti descrivere lo scenario musicale svedese? Ci sono nuove band che ritenete interessanti?
Credo che le band che stanno uscendo in Svezia, siano veramente brave. Ce ne sono moltissime, come i Nitrodive, i Longfinger ed altre. Ma soprattutto ce ne sono conosciute in tutto il mondo come i Backyard Babies ed altre che hanno certamente dato un contributo importante alla musica. Ne sono orgoglioso.
Farete date questa estate in cui potremo ascoltare dal vivo il vostro album?
Abbiamo in programma alcune date in estate e più avanti torneremo sicuramente anche in Italia, anche se non abbiamo ancora niente di fissato.