A cura di Angela ‘Sin’ Panzarella
E’ una fredda domenica di fine Novembre, il 29, e l’Alkatraz si prepara per “Il” doppio superlive hard rock. Sono le 17, ma c’è già una folta folla davanti allo storico locale meneghino. All’interno il soundcheck dei Whitesnake. Incontro previsto con la all-star band di supporto Dead Daisies. Per la precisione Marco Mendoza.
Passa anche John Corabi dopo la sua intervista. Mr. Mendoza saluta dando il cinque e urlando “Sì, noi bassisti siamo la migliore categoria!” alla vista della t shirt “All i need is love… and a bass guitas”. Non sarà un’intervista scontata.
Sin: Ciao Marco, dopo Verona, coi Kiss, ora qui a Milano con i Whitesnake…ti piace l’Italia?
MM: E’ stato veramente bello coi Kiss, e poi quando ci siamo girati intorno abbiamo visto tutto quello spettacolo di gente… caspita, l’Arena di Verona è proprio grande… e bella! E poi il pubblico, meraviglioso. Ma diciamolo, l’Italia …oooh bellissima Italia! (in italiano ndr).
Sin: Siete qui per promuovere Revolucion. Qual è il primo messaggio e quale lo scopo dell’album?
MM: Beh, noi volevamo rappresentare tutti quegli anni di rock che abbiamo impressi dentro e volevamo uscire col miglior album possibile. Questo è il succo.
Sin: Una domanda che spesso si fa, ma questa volta potrebbe anche essere superflua, è quella riguardo le influenze… le influenze siete voi, una band all-star, delle leggende, le influenze sono quelle che avete dato voi al mondo alla fine.
MM: Ooh…E’ OK invece come domanda..beh, sai, noi veniamo comunque tutti dal periodo del rock anni 70 e anni 80…però…wow…Oh mio Dio, grazie per il complimento…delle leggende… (sorride emozionato).
Sin: Ma adesso una domanda che sicuramente nessuno (ride) vi avrà mai fatto…Che cos’è la rivoluzione in musica per voi?
MM: Ahah, nessuno ce l’ha mai fatta e adesso ce la fai te, vero? Beh, bella domanda. La rivoluzione nella musica è qualcosa o qualcuno che ti dia una possibilità, ti offra una chance. Quest’album rappresenta qualcosa che non era sicuro. Tutti noi proveniamo da band stabili e conosciute e sapevamo che questo progetto poteva rappresentare un rischio, ma abbiamo voluto farlo perché sentivamo che in questo progetto ci fosse ognuno di noi…Volevamo creare questa zuppa perché sapevamo ci avrebbe rappresentati, è la nostra vera essenza… (Si ferma…):
Sin: Come avete lavorato all’album? C’era qualche mente che organizzava e conduceva tutto in questa band all-star, c’era qualche primadonna durante le sessioni di registrazione? (Ride)
MM: Beh, non c’era nessuna primadonna perché siamo tutti delle primedonne! (Risate)
Abbiamo cercato di supportarci tutti durante il nostro lavoro, c’è sempre stato una sorta di sacro rispetto. Poi come persone ci divertivamo, come musicisti ci aiutavamo.
Sin: Delle curiosità sul backstage delle registrazioni?
MM: Oh, non so dirti un giorno in cui non abbiamo riso. Ne abbiamo combinate tante. Abbiamo però finito tutto il disco in 30 giorni. 30 giorni per far tutto, registrazioni strumentali, voci, cori, quindi recording, poi il mixing, il mastering, l’editing e l’art-working, tutto in 30 giorni precisi! Volevamo darci tutti e dare tutto noi stessi proprio per come siamo e alla fine lo abbiamo fatto in un battito di ciglia. Ci sono voluti 30 giorni e abbiamo finito tutto! Tutto nei minimi dettagli.
Il processo di registrazione è una cosa, la performance un’altra. Un po’ come quando vedi un concerto di Alice Cooper. Dietro c’è un lavoro duro, e durante il live vedi la teatralità che è figlia di tanto lavoro.
Sin: E’ duro scegliere una canzone, perché ogni canzone è come un figlio o una figlia…o una delle tante fidanzate (risate), ma se tu dovessi dare ad una canzone il compito d’esser portavoce di Revolucion, quale sceglieresti? E perché?
MM: Oh mio Dio, ce ne sono tante, ma devo dire Mexico, proprio per la questione Rivoluzione, ma anche qui è come il seme da cui poi cresce l’intera pianta. Non vuol dire che sia la sola ad avere un messaggio, ce ne sono tante altre con messaggi fantastici, però per me è Mexico il seme da cui cresce la pianta dell’albero Revolucion. E’ così anche perché il Messico è il mio Paese, la mia Patria, c’è la mia gente. E io amo la mia cultura. Ecco, per me è Mexico.
Sin: Stiamo attraversando un periodo abbastanza triste, e siamo felici che voi siate qui, nonostante il recentissimo triste episodio al Bataclan di Parigi in cui la Musica ha subìto un duro colpo. Qual è stata la tua reazione alla notizia, da musicista? Come ti sei sentito?
MM: Minacciato. Per la prima volta mi sono sentito minacciato. Ma non sto parlando in termini politici. Sappiamo ora che i concerti sono un obiettivo, ma voglio dire che sono felice di essere qui, perché questa è la vera motivazione. Non dobbiamo reagire con paura o cambiare il nostro stile di vita. Questo è quello che vogliono. Noi crediamo che questo sia il momento in cui c’è ancora più bisogno della Musica e siamo qui per portarla. Eravamo paralizzati quand’è successo il fatto, ma sappiamo che la musica è una guaritrice che celebra, festeggia le emozioni, e trascende un livello fisico. Ti porta ad un livello superiore, un livello ancora più in alto di quello fisico, quindi non possiamo avere paura perché stiamo facendo qualcosa di fantastico.
Abbiamo suonato a Parigi lo scorso venerdì. Non volevamo annullare nulla. Ci siamo organizzati per la nostra sicurezza e tutti hanno apprezzato il fatto che noi ci fossimo. Abbiamo fatto il tutto esaurito. Dobbiamo andare avanti, è il nostro lavoro.
Sin: Cosa ti aspetti dal concerto di stasera e dal tour, e cosa ti aspetti per Revolucion? Qual è la tua idea di una buona promozione?
MM: Mi aspetto un concerto coinvolgente e un tour fantastico. Per Revolucion spero che tutti si rendano conto che sia un discone. Per la promozione direi che ormai tutto verte sui social media. I social media ormai sono il veicolo numero uno. Questo ci ha portato ad esserne completamente dipendenti, perché dobbiamo rendere partecipi tutti della nostra vita: da quando ci alziamo, alle partenze, il viaggio, il tour, tutto deve essere condiviso. Così siamo più vicini al nostro pubblico, sempre.
Sin: Voi vi portate il bagaglio di una lunga e onorevole esperienza. Cosa ne pensate dei programmi TV cui partecipano in tanti credendo di poter vivere di musica?
MM: Ti riferisci a programmi come American Idol? Beh, io sono a favore, ti dirò. Perché danno un’opportunità. Ma è vero anche che non sono per tutti.