Testo a cura di Carmine Rubicco
Ci sono decessi che lasciano più attoniti e tristi di altri. Ovviamente è un fattore del tutto personale che prescinde dal trapassato. Questo è il caso di Lemmy. Leggere della sua morte non si può dire sia stato il classico fulmine a ciel sereno. Purtroppo le sue condizioni di salute erano instabili da diversi anni. Comunque nella mente di molti era un highlander, era immortale.
Sapere che non c’è più è un po’ come scoprire che Babbo Natale non esiste. Se ne prende coscienza ma resterà sempre magico e il crederci non mancherà mai. Lemmy è così. Pur se fisicamente non è più tangibile, la storia della musica lo terrà sempre in vita. E la sua magia sprigiona dalla persona che è stato.
Non era un virtuoso del basso, non aveva una gran voce, non aveva un aspetto da bravo ragazzo ne tantomeno da bello e dannato da poter attirare orde di ragazzine, ha sempre vissuto all’estremo, ha abusato di droghe e alcol, era un “pessimo esempio”. Eppure è stato di ispirazione ad innumerevoli musicisti, infinite band hanno attinto dai Motorhead, diverse sue compagne erano nei sogni erotici di migliaia di teen agers. Non esiste un motivo, una spiegazione umana e logica a tutto ciò. Si chiama semplicemente carisma.
Una dote inseguita quasi più del successo da miriadi di artisti e band. Un carisma unico e del tutto particolare. Un carisma che è andato oltre la musica, i concerti, i dischi. Lemmy è un’icona, un vessillo, una bandiera. Di che cosa? Di tutto il rock e di nulla. Un antieroe divenuto eroe suo malgrado. Il “Born to lose” che poi tanto perso non ha. I Motorhead, Lemmy, hanno portato a spasso per il mondo per 40anni più che il trittico sesso/droga/rock and roll, un senso di libertà, di semplice e pura necessità di esprimersi attraverso la musica che per il nostro non è mai stata un mestiere.
È stata la sua vita. Coerenza, libertà espressiva, schiettezza, nessun compromesso sono solo alcune delle caratteristiche che lo hanno contraddistinto. Chi li ha seguiti dal vivo sa bene come questi sentimenti arrivassero diretti come un pugno nello stomaco. Chi non ha avuto la fortuna di poterli vedere in sede live, se lo faccia raccontare. Con Lemmy non se ne va solo un grande pezzo di storia del rock e un musicista che a 70 anni ancora calcava palchi e incideva dischi. Con lui se ne va un grande pezzo dello spirito del rock and roll, spirito ribelle e libero, anticonformista e anarchico.
Con Lemmy le nuove generazioni hanno perso un faro, un riferimento che li avrebbe guidati verso il vero senso del fare musica, essere se stessi senza timore, senza sentire la necessità di dover dimostrare nulla a nessuno perché “we are Motorhead! And we’re gonna kick your ass!”.