Articolo a cura di Benedetta Lattanzi
Da che mondo è mondo la prima regola per chi vuole tentare la carriera di giornalista, amatoriale e non, è quella di documentarsi per evitare di pubblicare articoli o servizi senza capo né coda. Ultimamente purtroppo sembra non sia più così: giornalisti professionisti di testate nazionali si cimentano in recensioni pressapochiste; le stesse testate nazionali il più delle volte dedicano paginoni al gossip, insomma dovunque si vada a vedere ci deve comunque essere un tentativo di “scoop”. Questo è forse quello che un programma come quello de “Le Iene” avrebbe voluto fare sfruttando un argomento delicato quanto a tratti sconosciuto come quello della pedopornografia in Giappone, peccato che nel farlo siano incappati in un problema forse molto più grave.
Nel video andato in onda il 31 marzo 2016 (disponibile qui) si vede la iena Nadia Toffa in giro per Akihabara, il noto “quartiere tecnologico” di Tokyo, anche centro principale per tutti gli appassionati di fumetti e animazione giapponese. Fulcro del servizio è il labile confine tra pornografia e pedofilia, che secondo il programma Mediaset in Giappone viene ampiamente superato, facendo credere ai telespettatori che nel Sol Levante vada di moda adescare ragazzine poco più che adolescenti. Non che il problema non esista, anzi. Purtroppo è una macchia comune a molte nazioni. Ma chi conosce questo paese sa perfettamente che le cose non stanno esattamente come descritto nel servizio.
Con un preziosissimo e minuziosissimo lavoro, pubblicato sulla sua pagina Facebook Vivi Giappone, Davide Bitti, ricercatore italiano presso l’Università del Tohoku, ha evidenziato alcuni dettagli poco chiari riguardo le interviste svolte da Nadia Toffa, pur concedendo agli autori del servizio il beneficio del dubbio riguardo a quale fosse la domanda in italiano e cosa poi effettivamente è stato chiesto in giapponese, il montaggio non offre questo particolare offrendo comunque la risposta in lingua degli intervistati. Bitti ha svelato come le traduzioni fornite da Le Iene in sovrimpressione non coincidono con ciò che effettivamente viene detto, il che potrebbe generare un po’ di confusione sulla buona fede del servizio. Ecco un esempio:
Le Iene e il Giapponese 2: Il povero signore #Leiene #Iene
Ora, che il giapponese non sia una lingua facilmente assimilabile e comprensibile è dato di fatto. Assoldare un traduttore specifico solo per questo servizio, in un mondo civile, sarebbe costato più della trasferta stessa probabilmente. Ma qui si parla di un argomento delicato e, per quanto si possa anche aver sbagliato in buona fede, la traduzione “ufficiale” de Le Iene è completamente opposta rispetto a ciò che in realtà viene detto. Indubbiamente a noi risulta un po’ “particolare” la devozione che un uomo di mezza età rivolga ad una idol, una diva del pop poco più che maggiorenne, ma ciò che lui afferma è ben diverso da ciò che viene scritto nella traduzione. È il labile confine tra “fanatismo” e “denuncia a piede libero per pedofilia”. Errore di traduzione? Potrebbe anche essere.
Altro esempio:
Le Iene e il Giapponese 3: L’hardcore invisibile p.s. Il “tecnicamente” non fa parte della traduzione.#LeIene #Iene
C’è altro da dire? Sì, un ultimo, eloquente contributo video:
Questo però mi fa incazzare. Perchè ok tutto, ma tradurre di proposito in questo modo non va bene! #Leiene #Iene #Akihabara #Giappone #LeIene #iene
Partiamo dal presupposto che sì, in Giappone c’è una mercificazione del sesso, come in moltissime nazioni asiatiche e non: non è una rivelazione il fatto che effettivamente esistano fumetti focalizzati prettamente su storie erotiche, etero o omosessuali è indifferente, e non è una rivelazione che esista una sorta di feticismo a tratti inquietante che coinvolge il fan con il personaggio popolare di turno. Non è questa sede per ricercare una motivazione culturale a questo fenomeno, non basterebbe un sito intero per poter approfondire in modo dovuto tutte le sfaccettature di un popolo così lontano e diverso da noi.
Basti solo il fatto che, per quanto assurdo possa sembrare, in Giappone c’è una sorta di tabù riguardo determinati argomenti, e anche chi si avvicina le prime volte allo studio di questa cultura sa perfettamente che il più delle volte queste esternazioni esplicite nei manga (che ricordiamo non vuol dire “sesso”, né “pedofilia”, né “erotismo”) sono frutto di una curiosità che il più delle volte non viene soddisfatta a pieno, e che non implica automaticamente che i fruitori di tali letture siano tutti dei maniaci e dei pervertiti.
Arrivati a questo punto, si può anche cominciare a pensare con un pizzico di malizia che si tratti di un servizio studiato da Le Iene nei minimi particolari per far gridare allo scandalo, per ricevere tanti “mi piace” e per far diventare virali i loro contenuti. Nulla in contrario, se solo però fosse fatto con onestà e serietà. Valori che ultimamente sembrano passare in secondo piano nella spasmodica ricerca dello scoop perduto.