Intervista a cura di Carmine Rubicco
Reduci da un disco che sta convincendo critica e pubblico, i parmensi Avelion, pronti ad incendiare i palchi della penisola, spiegano a Tempi Dispari il loro concetto di prog e il ‘segreto’ della longevità della band nonostante imponenti cambi di formazione.
1) Iniziamo dalla fine, il vostro nuovo album. Un disco maturo, come si suol dire, personale e contemporaneo. La base è prog ma le contaminazioni sono molteplici. Come è nato e come si è sviluppato questo approccio musicale?
La risposta sta nella nostra concezione di musica Prog: noi crediamo che il Progressive sia già di per sé una contaminazione, per noi la sua vera essenza, più che nei tempi dispari, va ricercata nella continua voglia di sperimentare… Nella nostra mente la formula è stata quella di offrire un Progressive Metal dove la tecnica e la durata del brano non fossero fine a se stessi, ma al servizio della canzone. Abbiamo lavorato molto sulla ricerca sonora cercando di offrire un sound moderno sia a livello di chitarre che di tastiere, ma più in generale a livello di produzione, andando ad “osare” oltre quelli che sono gli standard e forse i “limiti” del Metal. Davanti a tutto questo, il fine per noi è sempre stato quello di creare soluzioni al servizio della melodia, a modo nostro, in stile Avelion.
2) Nel prog, un genere spesse volte conservatore e autoreferenziale, un disco come il vostro in perfetto equilibrio tra elettronica e metal, ‘rischia’ di aprire nuove strade. Possiamo affermare che siete dei pionieri o quali band vi hanno influenzato maggiormente su questo nuovo percorso?
E’ vero, il Prog, e anche il Metal, sono generi tendenzialmente conservatori e autoreferenziali, a noi però non piace questo approccio. Partendo dalle nostre influenze principali, come ad esempio il Progressive Metal in stile Dream Theater o la più moderna scena “Djent”, siamo andati avanti per la nostra strada unendo il tutto ad un approccio forse un po’ più Pop (non nel senso “commerciale”, ma nel senso buono del termine: il Pop è un genere che rispettiamo molto per la grande qualità e varietà negli arrangiamenti) seguendo l’esempio di band come i primi Linkin Park, che venivano definiti Nu Metal. Ci sono anche numerosi passaggi ritmici più spiccatamente “metal” che sono mutuati da influenze Melodic Death e Metalcore.
3) Gli ‘incastri’ strutturali all’interno dei brani sono praticamente perfetti. Quanto è stato difficile ottenere un risultato di questo tipo?
Non è stato semplice raggiungere il giusto “equilibrio” tra le parti.
La maggior parte dei brani nascono da voce (William) e pianoforte (Oreste), quindi già alla base c’è una ricerca melodica e armonica molto scrupolosa.
Parallelamente, un altro obbiettivo che ci siamo posti è stato quello di cercare di stupire l’ascoltatore: abbiamo provato a inserire nei brani quello che noi stessi in primis come ascoltatori cerchiamo in una canzone.
Il disco è molto vario, potremmo dire che ogni brano è un mondo a se, in questo senso il lavoro di Simone Mularoni alla produzione è stato molto importante: è stato bravissimo a dare omogeneità al sound globale facendo allo stesso tempo emergere quella che è l’identità della band.
4) Dato il risultato musicale si può dire che il cd è un mix di influenze personali diverse? Provenite tutti dallo stesso genere artisticamente? Se no, quali sono le esperienze individuali?
Sì, sicuramente l’Album è un mix di influenze personali diverse, come in ogni band ognuno porta le proprie influenze a volte perfettamente concordanti ed altre volte per nulla. Le nostre esperienze individuali vanno dal Progressive Metal al Power, dal Nu Metal al Melodic Death, dall’Hard Rock al Metalcore, dal Pop all’Elettronica. La lista di nomi sarebbe seriamente infinita.
5) La vostra è una band con nove anni di vita, che non è poco. L’aspetto più complesso e quello più piacevole del tenere vivo un progetto così a lungo?
In realtà non è stato semplice, la band, infatti, è andata incontro a due cambi di formazione piuttosto importanti: entrambe le volte è cambiata l’intera sezione ritmica, e del nucleo originale sono rimasti soltanto voce e tastiere. Questo da un lato ci ha fatto “perdere molto tempo” discograficamente parlando, dall’altro però ha portato il progetto ad evolversi, lo ha reso più maturo, ci ha arricchito artisticamente e infine ci ha donato una certa predisposizione alla sperimentazione.
La cosa più importante per mantenere vivo un progetto di questo tipo è circondarsi di persone e collaboratori che siano professionali ed in linea con la visione artistica, dallo studio, alla casa discografica, ai vecchi membri della band che in passato hanno partecipato alla composizione di questo disco e che cogliamo l’occasione di ringraziare nuovamente.
6) Che cosa manca, dal vostro punto di vista, alla scena metal/prog italiana?
Ora che è uscito il nostro disco, non manca più nulla! Ahahah!!
Scherzi a parte, crediamo che la scena italiana possa davvero vantare di essere all’altezza di tante altre. Probabilmente quello che manca è una certa curiosità, un certo impegno da parte dell’ascoltatore medio riguardo le proposte innovative. Ma siamo dell’idea che la colpa non sia del pubblico, che anzi, in un certo senso va “educato”. Il vero problema è a livello culturale: mai quanto oggi la Musica ci viene proposta, è vista e viene vissuta più come un bene di consumo usa e getta, che non come un’opera d’arte vera e propria.
7) Seguite band emergenti?
Sì, seguiamo diverse band più o meno emergenti sia italiane che straniere e siamo da sempre molto aperti alla collaborazione e al supporto reciproco tra band.
8) Avete avuto un’intensa attività live, uno degli aneddoti più divertenti?
Uno dei concerti che ricordiamo con maggior entusiasmo è stato quello in Val di Resia, quasi al confine con la Slovenia. Sembrava di suonare sul set de «Il signore degli anelli», il palco era in questo bosco sperduto e l’atmosfera era magica.
9) In quale paese avete avuto l’accoglienza più soddisfacente?
Nel 2014 abbiamo fatto un Tour in Repubblica Ceca, è stato incredibile vedere che tipo di accoglienza è riservata a band che fanno musica propria ed originale. Inoltre sono stati senza dubbio i concerti in cui abbiamo fatto più bis, il pubblico continuava a chiederci di suonare!
10) Siete di Parma, com’è la scena musicale nella vostra zona?
Si potrebbe fare un discorso analogo a quello della scena nazionale. Le band meritevoli non mancano affatto, tuttavia, salvo rare eccezioni, mancano le opportunità di farsi conoscere e di suonare. Fortunatamente c’è ancora qualche locale che lotta e resiste nell’offrire musica dal vivo, anche originale, cosa che in altre zone d’Italia sta venendo meno, purtroppo.
11) Una domanda che vorreste vi facessero?
Una domanda che ci piace molto è quella riguardo il titolo del nostro album: ha un significato a cui noi siamo molto legati, come musicisti e non solo, ed amiamo condividerlo ogni volta.
“Illusion Of Transparency” è in definitiva un titolo che può adattarsi a molteplici interpretazioni, come del resto i nostri brani, per questo ci è piaciuto molto.
12) Domanda Tempi Dispari: se foste voi ad intervistare chi intervistereste e cosa gli chiedereste?
Ci piacerebbe chiedere a chi si occupa di cultura in Italia: perché nel 2017 la musica Metal è ancora vista così di cattivo occhio?