Recensione a cura di Carmine Rubicco
Recensire gli Shandon è come cercare di recensire i Clash. Impossibile. La band infatti, pur tra alterne vicende, calca i palchi dal 1997. Il tentativo di recensione non renderebbe degno omaggio a chi ha fatto una parte della storia della musica indipendente italiana. Quindi il disco lo si può solo descrivere. Inalterate potenza e melodia, aspetti che da sempre contraddistinguono i nostri. Per avere dei parametri di riferimento, in ogni caso riduttivi, la falsa riga seguita dalla band è quella del punk melodico, ma con infinite contaminazioni e influenze. Ottima produzione e numerose partecipazioni come Bunna (Africa Unite), Vic Ruggiero (_e Slackers), Ferdi e T-Bone (_e Bluebeaters) e tanti altri. Undici brani, di cui nove originali e due cover, una di Bruno Mars e una dei Creedence Clearwater Revival. Chi ama gli Shandon non può prescindere da questo disco. Chi non ne ha seguito la carriera o non sa chi siano può approfittare dell’occasione per scoprire una delle realtà italiane più interessanti e coinvolgenti.