Ridatemi il mio corpo
Capitolo 4
“Accidenti a loro – una voce ansimante da dietro un albero del boschetto che circonda la fabbrica – ci hanno messo meno del previsto ad arrivare”. Gli occhi dilatati dall’adrenalina scandagliano il piazzale che si apre davanti. “Sembrano infiniti e io pare non abbia nessuna possibilità di fuga”, commenta un pensiero. Lo sguardo percorre ogni centimetro dello spiazzo.
Improvvisamente uno spiraglio. “L’esplosione ha sollevato il coperchio di quel tombino. Qualche centinaio di metri e sarò fuori. Sono tutti troppo impegnati dalle fiamme per far caso a me”. Così dicendo non perde un solo istante. “Ora o mai più”. Pistola alla mano scatta verso la botola aperta, insperata via di fuga. Le luci rosse delle fiamme e i riflettori ausiliari della Takeda illuminano senza ombra l’intero quartiere. Questa volta i vestiti scuri non servono. Nel turbinare di uniformi nessuno sembra far caso ad una macchia scura che corre a perdifiato. Sembra.
“Finalmente…” il comandante, liberatosi velocemente degli ingombranti indumenti isolanti scatta all’inseguimento. Ad ogni passo raccoglie dietro e attorno a sé sempre più uomini. “Non lasciatelo scappare! Sparate!”. Urla tra una falcata e l’altra. Colpi a ripetizione riecheggiano a pochi passi dal fuggiasco. “Più in fretta”, Ryoko distanzia i militi grazie all’endoscheletro potenziato. Il fuggitivo non distoglie lo sguardo dalla meta. “Dai…” prega le gambe.
Una raffica di proiettili ne forma la sagoma nell’aria. Qualcuno lo sfiora. Qualcuno viene rimbalzato via dall’acciaio. La corsa del comandante prosegue, ma ad ogni metro sale la consapevolezza che è troppo tardi. Con un urlo cerca di aumentare l’andatura a discapito dei limiti fisiologici di corpo e innesti. ‘Accidenti’ grida più forte vedendo la figura davanti a lui gettarsi nel buco dell’asfalto. Non si ferma comunque. ‘Correte – esorta gli uomini – non può andare lontano da li’.
‘Corri maledetto commissario’ si urla dentro. La caduta nell’acqua fetida taglia il fiato per un istante. La corsa riprende. Senza esitare il fuggitivo prende la direzione in cui scorre il liquame. Fuori intanto inizia a piovere. I cani poliziotto sono stati gettati nella mischia. Il loro olfatto porta subito alla luce i detonatori scagliati via dalle esplosioni. Non serve più sapere cosa è stato usato. Dalla botola Ryoko si lancia all’inseguimento nei sotterranei seguito dai più resistenti dei suoi uomini.
I più alti in grado. Sente solo il rimbombare dei passi. Non vede nessuno. ‘Non può, non deve sfuggirmi’ si dice l’uomo di legge. Il fuggiasco vede davanti a sé un bagliore tremolante che ad ogni passo si fa sempre più ampio. Nelle gambe ha ancora abbastanza forza per poter continuare a correre per ore. Forza meccanica. Nei polmoni però non ha sufficiente fiato. Ascolta dietro di sè il guizzo delle pallottole e l’acqua calpestata dagli stivali. Senza fermarsi e senza voltarsi spara colpi a caso nella speranza non certo di colpire ma almeno di rallentare la corsa degli inseguitori. Il tunnel è finito. Si ferma osservando il buio.
Alle sue spalle i miliziani si avvicinano velocemente.
Il comandante non ha pensieri se non fermare l’attentatore.