Ridatemi il mio corpo
Capitolo 7
Le ore notturne passano lentamente. Le sigarette si accumulano una dopo l’altra nel posacenere già colmo. La carta da parati della camera in affitto, 5 per 5, giusto lo spazio per la scrivania e qualche libreria, ha assunto un colore indefinito. Un inconcepibile miscuglio tra nicotina e smog. Stessa sorte per i mobili che hanno perso il colore originale.
Continua ad alzarsi, a risedersi, girare attorno alla scrivania. Nulla lo aiuta. Non ci sono tracce. Non ci sono prove. Non c’è Philip. “Questa volta – pensa barcollando verso la finestra – mi sono cacciato in un bel casino. La signora Rapani non avrà nessuna soddisfazione da questo caso. E io farei meglio a restituirle i soldi. Sono un mucchio di soldi, ma non ho l’abitudine di spenderli prima della fine del caso.
I creditori sanno che quando mi faccio vivo è perché passo a saldare e mi lasciano stare”. Appesi alle pale del ventilatore i pensieri cercano di farsi meno nebulosi e un po’ più lucidi. “Tutti – pensa sedendosi per l’ennesima volta sapendo che per l’ennesima volta si alzerà e si accenderà un’altra sigaretta – tutti stanno seguendo questo caso. Dagli sbirri ai cacciatori di taglie della città.
A pazzoidi che credono che la vita senza qualche cicatrice in punti non meglio identificati sia noiosa. Tutti ci lavorano. Me compreso. La ricompensa per chi becca lo schizzoide, vivo o morto, fa gola. Fa molta gola’. Così pensando cambia idea. Invece di abbandonarsi sulla sedia e lasciare che il sudore, nonostante la pioggia, si porti via le idee in preda ai deliri del caldo, raccoglie il Panama dal divano poco distante e si butta fuori.
Per un attimo è come se si fosse tuffato in una piscina termale, con le dovute proporzioni. Immediatamente viene inghiottito da una folla variopinta e multietnica. ‘E’ – pensa – anche questo il bello di questa città. Non incontro mai le stesse facce due volte’. La folla lo trascina via. Non cammina, si lascia portare. Alla fermata giusta farà una deviazione lasciandosi scendere. I vicoli, sono pieni di gente. Poca luce e qualche cassonetto di rifiuti stracolmo.
C’è chi ne approfitta per rovistarci dentro. Il traffico non si frema mai. Tra i grattacieli e i palazzi meno alti, un bagliore innaturale rischiara la notte. ‘Saranno quelle dannate fabbriche chimiche’ è la sentenza comodamente adattato al tram umano. ‘Tutti sanno che bruciano i residui al calar del sole ma gli unici a fare qualche cosa sono i soliti ambientalisti. Poveracci, incastrati nel loro ruolo, come tutti noi. Ormai glielo hanno appiccicato addosso a mo di seconda pelle’. Quello che rende la serata calda non sono le fiamme sullo sfondo. ‘Ma che diavolo succede’ sputa fuori rabbiosamente sentendosi spingere alle spalle.