Ridatemi il mio corpo
Capitolo 17
Getta lo sguardo oltre il basso muro che separa dal camposanto delle macchine. ‘Come pensavo – commenta – troppo vasto da controllare da solo’. Lo sguardo viene attirato da lievissime luci in lontananza. Luci intermittenti. ‘O hanno aperto una discoteca – scherza tra sè – o sono i miliziani che stanno cercando il killer…o gli attentatori’. La pioggia cade incessantemente. Ma pare non accorgersi. Sotto i piedi un misto di fango e rifiuti gli sta incastrando le scarpe. “Inutile pensarci – pensa voltandosi – non posso saltare dall’altra parte”. Il rumore di una bottiglia stappata segna che ha liberato i piedi. Lo sguardo basso. I poliziotti sono fermi all’ingresso del palazzo a un centinaio di metri. Un rumore di rami che si spostano attira la sua attenzione distogliendolo dai pensieri. Si volta e un cane di taglia media gli si fa incontro scodinzolando. “Ehi, amico – dice verso l’animale abbassandosi per accarezzarlo – ti sei perso? Siete in troppi a fare i randagi eh?”. Osservando il cane nota che porta in bocca qualcosa. “Un regalo per me?” dice tendendo la mano verso la bestia. D’improvviso il respiro quasi gli manca. Barcolla per un attimo. Poggia una mano nel fango per non cadere. “Che bel regalo” dice ad alta voce e cercando di afferrare ciò che il cane gli porge. Non ha il tempo di ghermire l’oggetto che un voce alle sue spalle gli intima di lasciarlo dov’è e di allontanarsi. “E’ tuo il cane?” chiede il poliziotto che nel frattempo ha raccolto da terra quello che ora Reevs ha la certezza essere un braccio staccato all’altezza del gomito. “No – risponde rialzandosi – è sbucato da dietro quegli alberi e si è diretto verso di me con questo bel presente”. La bestiola scodinzola soddisfatta. Il milite guarda l’albero indicato dal detective. “Vai a vedere – ordina ad un subordinato – subito! Quanto a te – guardando Reevs – ritogliti dai piedi, ma in maniera definitiva”. La risposta è annullata dall’arrivo di Ryoko, uscito dalla palazzina per impartire gli ordini ai piantoni. “Che bel souvenir – commenta – chi lo ha trovato? Il nostro eroe?”. Osserva sarcasticamente l’inzuppato detective. “No – dice l’agente – un suo amico”. Osserva in basso verso il cane che si è seduto gustandosi la scena. “Bene – sentenzia il capitano – e dove lo avrebbe trovato?”. “Dietro quell’albero. C’è un agente che è andato a vedere se c’è dell’altro”. Il miliziano sbuca dall’anfratto sporco di terra. “Credo – dice avvicinandosi al drappello – che sarà necessario l’intervento della scientifica. Dietro quell’albero c’è un sacco mezzo interrato con dentro altra ‘roba’”. Ryoko afferra la trasmittente e chiama subito il coroner. “Non toccate nulla” ordina. “Quanto a te – rivolto a Reevs – se ti vedo ancora in giro ti arresto per intralcio alle indagini”. Il detective lo osserva perplesso. Spera di riuscire a prendere tempo per sapere qualcosa di più. Lo sguardo di Ryoko si tuffa nel vuoto. “Allora non è stato l’uomo che ho visto fuggire – pensa tra sé – si tratta di due azioni separate. Che tempismo però”. L’indecisione di Ryoko apre una breccia nella testa di Reeves. “Se è così perplesso – pensa – attentatore e killer non sono la stessa persona”. Sentenzia. “Ok – dice al comandante – allungando una mano – io tolgo il disturbo”. Ryoko torna presente, lo guarda negli occhi e lo saluta. “Non farti venire strane idee Reevs – sottolinea – ricorda quello che ti ho detto”. La pioggia inghiotte il cenno di intesa.