Tra bossa nova, samba, jazz e non solo, il disco della cantante bolognese
Parola d’ordine per Vortice di Silvia Donati è leggerezza. Tuttavia non ci si deve far fuorviare dall’aggettivo. Leggerezza si ma non per questo banalità. E Vortice non è banale per diversi aspetti. Innanzitutto il terreno su cui si basa.
Il suo piano di partenza è la migliore tradizione brasiliana. Bossa nova, samba, salsa, tutti generi non semplicissimi. Se poi a questi si aggiungono altre influenze jazzate e non solo, il gioco è fatto. Disco leggero si, ma dagli arrangiamenti ricercati in cui c’è lo spazio per far emergere, senza inutili tecnicismi o virtuosismi, la perizia degli elementi.
La voce della Donati è il perfetto elemento unificatore, calda, avvolgente, solare. Tra i momenti migliori vanno segnalate le ballate Apaixonada e Holland. Come brano che più esce dagli schemi spicca Wide, dove fa capolino un certo gusto progressive.
Non mancano, poi, negli arrangiamenti, richiami dal sapore vintage che riportano ad una certa black music anni 70 con fiati dal sapore funky.
Certamente un ottimo lavoro questo di Silvia Donati and co. Caldo, estivo, ben suonato e altrettanto ben prodotto, variegato quanto basta. Se in tutto ciò si volesse trovare una pecca la si potrebbe riscontrare nel genere trattato che impone determinati cliche che, se non fossero seguiti, porterebbero il disco su lidi più vicini alla world music.
Ma qui si sconfina nei gusti personali che non vanno ad intaccare il valore del long playng.
Le note di Vortice parlano di notti d’estate, di lungomare, di macchine scoperte, di persone che affollano le strade, di sguardi che si incrociano e si ricercano incontrandosi alla fine in un angolo di spiaggia semi buio a guardare le stelle o a ballare il samba a piedi nudi.