Ridatemi il mio corpo
Capitolo 20
Reevs ha una sola cosa in mente. Arrivare prima di Ryoko. “Ci sono in ballo un mucchio di soldi” pensa. “Non ci rinuncerò così facilmente, soprattutto ora che ci sono vicino”. Si fa largo a fatica tra la folla che non si è ancora dispersa. “I resti ritrovati – si dice – dimostrano che il killer ha avuto fretta di fuggire. Non ha fatto in tempo a nasconderli ma li ha occultati alla meno peggio. A questo punto resta solo una spiegazione, vista la reazione di Ryoko e le dinamiche dell’omicidio e dell’attentato. Sono state due azioni separate che sfortunatamente si sono messe i bastoni tra le ruote vicendevolmente. Sono almeno due i soggetti che stanno fuggendo. In quella zona della città c’è solo un posto che potrebbe offrire qualche possibilità visto il dispiegamento di forze e dove sono state dislocate. La vecchia centrale elettrica. Devo arrivare prima io e so come baypassare tutto il quinto cavalleggeri e fregarli sul tempo”. Ormai è fuori dal marasma di persone. Il resto della cittadinanza prosegue come se nulla fosse. Ombrelli multicolore si confondono tra i classici monocromatici. Impermeabili e persone inzuppate come lui combattono l’insonnia. “La sola strada veloce che mi viene in mente – prosegue dirigendosi a nord – è la dismessa linea della metro. Non arriva fino a destinazione ma mi farà guadagnare tempo e risparmiare rogne. Spero di farcela”. Sono solo cinque minuti a separarlo dalla realizzazione del proposito, ma gli paiono ore. Il tempo si è materializzato. I minuti, i secondi sono diventati persone che gli si parano davanti e che cerca di schivare senza esitazione. L’imbocco al tunnel non è chiuso, ne tanto meno ostruito. “Al più – commenta iniziando a scendere lentamente i gradini e mettendo mano al ferro – dovrò combattere contro chi li sotto ci vive e non ama gli intrusi. Spero gli basti sapere che sono solo di passaggio”. La galleria è illuminata da radi fuochi, tremolanti luci tenute in vita da generatori ammaccati. Persone sedute per terra, lo sguardo fisso, le spalle al muro e coperte addosso non sembrano fare caso alla sua presenza e al suo passaggio. “L’importante – pensa – è non fermarsi”. Così fa. Pistola in pugno e passo deciso, si dirige immediatamente verso l’ingresso ai binari. “Da qui – pensa – dovrebbe essere una passeggiata, anche se lunga, sperando di non fare brutti incontri”.