Interessante questo progetto del Nevada dal singolare nome di Wolves of Verdi. I nostri si presentano con un brano piuttosto lungo, articolato. Una canzone che tiene ben fede alle indicazioni dei generi di riferimento: progressive, metal, hard rock.
All’apparenza un bel miscuglio che nella pratica si risolve sotto la bandiera del progressive metal. Sono proprio queste le coordinate guida per la costruzione della canzone, la tecnica e la preparazione della band. Ottimo il lavoro di mixaggio, la scelta dei suoni e il wall of sound finale per nulla caotico.
La canzone, molto variegata, come genere impone, offre molteplici spunti interessanti. Dalle cavalcate tipiche ai breack più d’atmosfera per terminare con il coro finale che richiama i Blind Guardian. Se già immaginare un crossover Dream Theater/Blind Guardian può essere stuzzicante, ascoltarlo realizzato lo è molto di più. Ma ancora non basta.
In tutto questo mare in movimento c’è un elemento che spicca sugli altri. È la voce. Il suo utilizzo per essere precisi. Per capire di cosa si tratta c’è un solo riferimento chiaro ed immediato: Warrel Dane dei Nevermore. È lui il faro guida sia metricamente sia, per non dire soprattutto, per quanto riguarda l’intensità.
Ed è questa una caratteristica, l’intensità, che pervade tutto il brano. Tirando le somme, trattandosi di un debutto è un ottimo lavoro sotto molteplici punti di vista. D’altra parte un brano è troppo poco per poter dare un parere complessivo.
Diciamo che per i Wolves of Verdi la strada è più che giusta. Una band da seguire e da ascoltare da parte di chi cerca nuovi spunti in un genere sempre più spesso troppo autoreferenziale come il metal.