Paradossalmente le band che suonano prog, che dovrebbe essere un genere variegato ed eterogeneo, tantissime volte si assomigliano. Velocità spropositata negli a solo, trame intricatissime, cantati al limite degli ultrasuoni. Sono molto pochi i gruppi che invece pensano più alle atmosfere ed al progressive della musica anziché far vedere quanto sono brave. Tra queste eccezioni si posizionano certo i siciliani Silver Nightmares con il loro debutto Apocalypsis. E lo fanno con un grande lavoro. Un album davvero prog.
Complesso, variegato, suggestivo, con inserimenti orchestrali che non ti aspetti. Non ci sono virtuosismi ostentati. Sono presenti nelle canzoni ma vanno colti, assaporati, vissuti. I brani sono diversi l’uno dall’altro tenuti in insieme da una invidiabile perizia tecnica e da un portentoso controllo degli strumenti. Ottima anche la produzione con suoni potenti quanto basta, pastosi il giusto ma mai caotici nonostante la varietà degli strumenti coinvolti. E a proposito di questo, nel disco troviamo interventi di trombe, flauti, chitarre acustiche, tastiere, violini ed altri che non si spoilerano.
Allo stesso modo non mancano brani interamente strumentali come The Awakening. Davvero sorprendenti sono gli inserimenti della tromba che danno quel tocco jazzato che non stona su una base metal. Un crossover davvero notevole e molto ben riuscito. Lo stesso si può dire per i passaggi orchestrali. Un mix che di per sé è impossibile descrivere a parole se non con pagine e pagine di inchiostro. Molto più ‘semplice’ l’ascolto diretto. Stilisticamente i Silver Nightmares non sono catalogabili. Diciamo prog perché è il genere che più gli si avvicina. Ma esulano da quelli che sono i canoni del genere. Non assomigliano a nessuna band contemporanea.
C’è qualche assonanza con gli Opeth e i Queensriche più ispirati, se proprio vogliamo trovare un paragone. Ci sono poi richiami al periodo d’oro del progressive accostati a reminiscenze nostrane con passaggi che ricordano la PFM. A questo si devono aggiungere episodi di Floydiana memoria, cavalcate in pieno stile metal e a solo al fulmicotone alternati a break sorprendenti. E ancora non può dire di aver descritto il disco. La voce in diversi tratti richiama ora Bruce Dickinson ora Jan Anderson ora Geof Tate. Sono poi da sottolineare i cori, anche questi magistralmente dosati ed utilizzati.
Una cosa resta costante, la capacità della band di produrre brani coinvolgenti, trascinanti, heavy e umorali. Tutte caratteristiche non comuni e non semplici da trovare in band anche longeve o mainstream.
In conclusione: Apolalypsis dei Silver Nightmars può tranquillamente essere annoverato tra i capolavori. Non perché perfetto (anche se lo è) ma perché decisamente emozionante. La band siciliana è il più lampante esempio di come la tecnica debba essere al servizio dell’espressività e non essere utilizzata come vessillo fine a se stesso. Allo stesso modo è l’esempio di come differenti influenze possano coesistere all’interno del medesimo disco senza per questo precluderne la qualità o la riconoscibilità.
Un disco da avere. Che siate amanti del prog metal, del prog rock, del prog e basta, metal e basta, o della melodia, non conta. È sufficiente essere amanti della musica di altissima qualità.
Un disco da non lasciarsi sfuggire. Un fantastico regalo da avere o mettere sotto l’albero.