Chi lo ha detto che il rock italiano non può essere duro senza per questo sfociare per forza nel metal? Così non è, infatti. Dimostrazione ne sono gli Alma Irata con il loro prossimo disco di cui sono anticipazione due singoli, Ogni santo giorno e Sai chi ha fatto la rivoluzione. Un salto nel passato per i romani che tornano al cantato i italiano dopo una parentesi con la lingua d’albione. I due singoli fin qui pubblicati sono decisamente convincenti. Rock pesante, riff trascinanti ma nessuna cavalcata metal. Perlomeno, nel senso tradizionale del termine. Si può parlare più di hardcore, di quello buono, della tradizione torinese dell’inizio degli anni ’90.
I testi sono di denuncia sociale, di critica verso la condizione attuale dell’uomo moderno. I nostri utilizzano la città come metafora per tutte quelle condizioni di costrizione, di assenza di via d’uscita. Condizioni per le quali non si può fare altro che morire lentamente. Un aspetto salta subito all’orecchio, la maturazione della band. Se i primi lavori erano, per forza di cose, acerbi, più ‘punk’ se si vuole, questi ultimi brani sono assolutamente di valore.
La rabbia che contraddistingue il combo resta immutata, è migliorata la modalità con la quale viene espressa. Meno nichilista, si passi il termine, e più costruttiva. Non è la critica fine a se stessa quanto la denuncia di situazioni inaccettabili. Ottima la produzione che mantiene tutta la forza d’urto dei brani. Menzione per la voce di Daniele Longo. Nei dischi precedenti poteva apparire acerba e tentennante. Oggi è decisa, ferma nel proprio ruolo di guida della band, consapevole delle proprie capacità e dei propri limiti.
In conclusione: se questi sono gli apripista per il prossimo disco non si può che avere fiducia nella sua buona riuscita. A meno di scivoloni clamorosi, gli Alma Irata sanno bene cosa vogliono dire e come dirlo.