L’underground contro l’intelligenza artificiale.
È di qualche giorno fa la notizia del rilascio da parte di Google della nuova versione di MusicLm, intelligenza artificiale in grado di creare canzoni da input di diverso genere. In che modo? ‘Per generare nuova musica non saranno necessari per forza degli input testuali: MusicLM potrà scrivere la melodia di un brano partendo anche da un motivetto canticchiato o da un fischio. C’è anche la possibilità di integrare la voce umana per creare il cantato’ (fonte: https://www.m2o.it/articoli/google-musiclm-ai-chatgpt-musica-testi-scritti/).
La cosa non è nuova. ‘L’uso dell’intelligenza artificiale nell’industria musicale risale al 2017. In quell’anno, l’etichetta Sony creò una canzone di successo, Daddy’s Car, che ad oggi conta 2,9 milioni di visualizzazioni solo su YouTube. La canzone, realizzata attraverso un programma chiamato Flow Machine, è un nuovo suono originale con caratteristiche simili ai Beatles come programmato dagli autori dietro al progetto Fonte: https://www.wired.it/article/intelligenza-artificiale-musica-ascolto-brani-spotify/). Ma Google ha fatto, come viene facile pensare, un passo oltre. Tutto ciò si va ad aggiungere alle decine di intelligenze artificiali presenti sul web che danno la possibilità di creare canzoni da zero.
Con risultati inquietanti. Daddy’s car, se si sapesse, difficilmente si direbbe che è stata generata tutta da un computer. Esempi del genere si moltiplicano. Anche in Italia abbiamo la nostra cantautrice virtuale, RossoSofia. Al momento ancora non ha prodotto nulla, ma c’è. Ha una propria bio, fa post su instagram di ciò che combina. Vive. Esistono già una sequenza di siti grazie ai quali è possibile non solo creare la canzone, di qualsiasi genere.
Il testo, da sparute parole date. Chi lo canterà. Definire la copertina secondo una descrizione che, per quanto psicotica, darà sempre dei risultati. Creare un video. Il singolo è impacchettato. Il risultato finale non è neppure male a dirla tutta. Un chiaro esempio lo ha fornito Mark the Hammer in uno dei suoi video. Alla fine lui definisce l’esperienza ‘inquietante’. Ma lo è davvero? Davvero c’è il rischio che la musica finisca in una serie di bit? Può accadere sul serio che le emozioni umane possano essere codificate? Secondo Yuval Noah Harari, si. Anzi.
Non solo è possibile, sta già avvenendo e andando avanti sarà sempre peggio. Il saggista, nel libro 21 lezioni per il 21esimo secolo, spiega come ciò che ci rende umani, intuito, sentimenti, passione, ‘imprevedibilità’, in realtà non è altro il risultato di operazioni biometriche del cervello. Una volta trovata la formula, è replicabile. Quindi, che una intelligenza artificiale possa rifare esattamente ciò che fa un uomo, non sarà così difficile. Né strano. Lo scrittore non dà neppure tempi troppo lunghi perché ciò accada. Per lui saranno sufficienti una 30ina d’anni. E la strada pare essere davvero essere stata intrapresa. MusicLm, i laboratori di Spotify, ChatGPT, i cinesi di TME e la loro cantante virtuale che fa 100milioni di ascolti su Spotify, l’intelligenza artificiale che crea un inedito dei Nirvana… tutto pare confermare.
Quindi? Questo è il futuro? L’essere umano destinato a lasciare spazio agli algoritmi che ci daranno esattamente la canzone che stavamo cercando? Si e no. Si perché questo è davvero il futuro. E il progresso non si può fermare. No perché l’essere umano avrà sempre voglia di creare. E, IA o meno, continuerà a farlo. Soprattutto proseguendo su questa strada. L’arte creata dalle IA sarà per forza di cose un’arte general generica. Dovrà piacere, se non a tutti, alla maggior parte delle persone. Tuttavia esistono, ed esisteranno sempre, persone che non guarderanno il mainstream.
Che non baderanno alle tendenze. Che suoneranno, scriveranno, dipingeranno, per il gusto di esprimere se stesse. Magari le opere saranno tentennanti, imperfette, incomplete, derivative, ma saranno originali e sincere. Questi artisti sono le persone che animano l’underground, di qualsiasi arte. Sono soggetti che vogliono condividere, che vogliono realizzare opere, registrare dischi senza voler arrivare in cima. Senza voler avere la propria faccia sulle copertine dei siti e delle riviste più in voga. No. Vogliono solo che li segue capisca ciò che hanno da dire e da dare. Che chi si reca ad una mostra come ad un concerto lo faccia per il puro piacere di scoprire qualcosa di nuovo.
Qualcosa che la massa non conosce, non sa, non segue. Non è un anatema del tipo: chi è underground lo rimarrà per sempre e per questo sarà uno sfigato. No, è più un augurio. Che l’undreground cresca, faccia mondo a sé, che continui a vivere al di là di tutto e di tutti. Inutile nascondersi dietro un dito. Fare la guerra all’intelligenza artificiale è inutile, oltre che impossibile. Con l’andare del tempo diverrà sempre più sofisticata, sempre più umana. Quindi meglio pensare a sé, alla propria arte.
Alle persone che agiscono secondo scelte proprie. Certo, molti artisti vorrebbero essere al posto dei BTS, fare un milione di persone per un concerto in streaming, riempire il Tokyo Dome. Ma a qual prezzo? Non per cadere nell’ovvio, ma i Maneskin non li invidierei mai. Ammiro molto di più band che ai loro concerti portano 800 persone che cantano in coro i loro brani, che quando scendono dal palco li salutano, bevono assieme, e magari si scambiano demo e contatti. L’underground non morirà mai,