Ci sono band che fin dal primo ascolto ti fanno capire che hanno una marcia in più. Non si sa bene che cosa sia. Se la produzione, il riffing, la voce, il genere. Fatto sta che qualcosa accade. È il caso degli Speed Stroke. Lo sappiamo, per molti di voi è roba vecchia. Per noi una bella scoperta. Sono la summa di tutto ciò che lo street venuto in auge con Guns’n’roses, L.A.Guns, portato ad un livello successivo da Crash Diet, Crazy Lixx, Cruz et similia, dovrebbe essere. Brutto, sporco e cattivo. E così è. Riff al fulmicotone, incalzanti, su un tappeto ritmico che non dà tregue. Una voce strappata, urlata, ribelle. Suoni acidi, pesanti, a creare un wall of sound incredibile.
Ottima tecnica ma utilizzata per costruire trame avvolgenti, canzoni che ti fanno sbattere la testa dalla prima all’ultima nota. Inserito in tutto ciò, l’immancabile melodia. Ritornelli orecchiabilissimi che si stampano in mente in men che non si dica. Scene of crime, questo il disco che abbiamo ascoltato, è contemporaneamente un salto negli anni 80 e uno sguardo verso il futuro. La caratteristica dominante di tutti il lavoro è l’idea di vissuto. Finanche la prima classica e immancabile ballad, No love, non si salva.
Si tratta del brano più lungo del disco. Per questo offre diverse digressioni. Tutte molto interessanti. Continui saliscendi di intensità portano l’ascoltatore a vivere la canzone. È una power ballad con tutti i crismi ma con la marcia in più dell’essere sporca, disperata, di sapere di superalcolici, di vicoli puzzolenti. Ecco, prendiamo spunto da questo. Visivamente il disco potrebbe essere un viaggio distopico nella Los Angeles di Jena Plissken. Un atmosfera stile Sig Sig Sputnik ma inserita nella vita marcia degli anni 80. Un po’ come se tutti i racconti di abusi dei Guns fossero veri.
Meglio va con la successiva ballata One last day. Il disco nel suo insieme non ha un calo, un attimo di tentennamento o in cui l’ispirazione dei nostri è venuta meno. Si deve anche dire che l’esperienza raccolta in 13 anni di attività ha insegnato molto bene. I passi avanti rispetto alle prove precedenti sono evidenti. Per fortuna ci viene da dire. Diversamente sarebbe un problema. Vorrebbe dire che la band suona la stessa cosa da inizio carriera. A chiudere questa carrellata un’occhiata sulla tecnica del gruppo. Come accennato, è evidente. Ma più il disco scorre e più ce ne si rende conto. Richiami chitarristici a Van Halen, Nuno Bettencourt, Poul Gilbert sono innegabili. Allo stesso è innegabile lo stile personale del chitarrista.
Concludendo. Un disco davvero Incredibile. Ha tutte le carte in regola per raggiungere vette davvero alte. Un cd che molte, moltissime band mainstream avrebbero voluto scrivere. O. almeno, avrebbero voluto la stessa freschezza per poterlo fare.