Lavoro interessante quello di Davide Laugelli, bassista. Interessante perché inusuale. La band è composta da due bassi e batteria. Il lavoro non è recentissimo. È targato 2017 ma ha mantenuto intatto il suo fascino. Ad iniziare dal titolo, Soundtrack of a nightmare. E ascoltandolo l’impressione è esattamente quella di essere catapultati in un incubo. Si inizia con il prendere sonno grazie alla riproposizione del brano di Johannes Brahams Op. 49 N. 4. Tutta da scoprire considerando l’inedita formazione. Una volta entrati in fase rem iniziano i ‘problemi’.
Le atmosfere si fanno immediatamente cupe, lugubri, con La nave di pietra. Visivamente potrebbe essere un vedersi camminare in una foresta, luna piena, lupi silenzio assoluti e l’ascoltatore che inesorabilmente avanza verso una radure apparentemente deserta. L’incedere del brano è lento, cadenzato. La batteria è molto percussiva. I due bassi disegnano linee melodiche malate, inquietanti. La voce diplofonica, la tecnica adottata da Demetrio Stratos o dai monaci tibetani, rende il tutto ancora più oscuro.
A chiudere questo cerchio malefico ci pensano le tastiere con suoni lunghi, sintetici più che melodici. Otto minuti e mezzo di paura in un crescendo davvero coinvolgente. Segue The hell with you. L’incubo continua. Suoni dilatati, dissonanti del basso mettono subito le cose in chiaro. Il risveglio è ancora ben lontano. Proseguono le atmosfere oscure. La radura di cui sopra non era deserta. Il brano evoca ombre sinistre che si agitano nella notte. Sparuti alberi spogli non possono proteggere l’ascoltatore/osservatore. L’alba si avvicina ma il sogno non è ancora finito.
Si corre. A perdifiato. È il momento di Climbing the Wrong Mountain. Il bassi tornano ad essere percussivi scambiandosi il tema della canzone. Tastiere macabre segnano il passo di questo viaggio verso la cima. La luna osserva, più pallida e beffarda del solito. Nuovamente le tastiere sottolineano l’aria malsana. Si ha l’impressione che da un momento all’altro possa sbucare qualche Grande antico di lovecraftiana memoria.
Si corre nella speranza di arrivare in salvo sul cucuzzolo. Non ci si volta indietro nonostante rumore sinistro di passi. L’ombra si avvicina. Se ne sente l’alito sul collo. La musica cambia. Si spezzetta. Diventa rarefatta in un aumentare di tensione. Si sentono delle dita gelide sul collo, strattonano e… suona la sveglia. Questo essere, a livello del tutto personale, la descrizione del lavoro di Davide Laugelli. Ottima produzione che ha reso l’incubo davvero claustrofobico non lasciando nessun barlume di luce se non il pallido riflesso della luna.
Concludendo. Non si può che ribadire quanto detto in apertura. Lavoro di assoluto interesse quello di Davide Laugelli. Non propriamente canonico, esclusivamente strumentale. Un disco che non si può ascoltare in qualsiasi momento. Si deve essere nel giusto mood per poterlo affrontare. E più lo si ascolterà e più si andrà a fondo nell’incubo che descrive. Adatto a tutti, purché non abbiate paura del buio.