Se scrivere un disco strumentale è difficile e rischioso, ancora di più lo è un lavoro basato sulla chitarra. Pier Gonella, poliedrico strumentista dalla lunga carriera, si è cimentato proprio su questo terreno minato. Inutile cercare nascondersi dietro un dito. Al di là delle ipocrisie, un progetto di questo genere rischia di incorrere in numerose critiche. Il ‘suona come’ è dietro l’angolo. E non ci si può fare nulla. Fortunatamente la creatività è un fattore soggettivo e per quanto si possa ‘suonare come’ il margine di personalizzazione resta in ogni caso alto. In questo anfratto si pone Gonella con il suo 667.
I richiami immediati vanno ai contemporanei eroi della sei corde, Satriani su tutti. Ma anche Lary Basilio, Vai, Guthrie Govan, Petrucci e via sciorinando. Un’ottima compagnia, tutto sommato. E il disco è esattamente ai livelli dei colleghi citati. Non ci sono barocche scariche di note inutili. No, il tutto è costruito con gusto e delicatezza. Anche le accelerazioni sono perfette. I brani le richiedono in quell’esatto punto. 667 è un disco sul quale non si può muovere nessun tipo di critica. I brani sono eterogenei, variegati come stile, sonorità, esecuzione. Il filo rosso che li unisce è la passione per lo strumento. Questa trasuda da ogni singola nota.
I suoni utilizzati non sono mai troppo ‘carichi’, troppo distorti. Anzi. È quel sound che riesce ad enfatizzare la chitarra senza farle perdere di potenza ed incisività. Rotondo quanto basta per essere carezzevole, ma altrettanto tagliente quando serve. Gli ‘espedienti’ per ottimizzare la volontà espressiva, Gonella li usa tutti. Espedienti non in senso negativo. Qui sono intesi come ricchezza di vocabolario. Che non vuol dire solo tecnica, per quanto questa non possa mancare. Suonare uno strumento è come parlare un’altra lingua. Per riuscire a dire ciò che si vuole esattamente come si vuole si devono conoscere a mena dito grammatica e lessico. Gonella è un madrelingua.
Detto ciò, ci si può concentrare sul disco nel suo insieme. Assaporare i brani singolarmente toccherà ad ogni ascoltatore che troverà suggestioni diverse. Il disco è un volo radente sulle dune di un deserto assolato. Spazi aperti, nessuna nuvola. Il vento che trasporta leggende e storie mitologiche. Sotto, il mare di sabbia che si sussegue senza interruzioni. L’ascoltatore, come uno novello sperman, ma senza la super velocità, sorvola tutto ciò. Braccia larghe. Occhi socchiusi. Sensi rilassati. Una carovana, un’oasi, un villaggio berbero. Un palazzo reale. Tutto scorre alla vista lasciando l’eco di un’esperienza.
Le note sono le voci di questa esperienza. I racconti, sono le azioni degli uomini, i libri scritti tra la sabbia. Sono la forza che riesce a spingere avanti l’ascoltatore senza nessuna fatica. Le tracce si susseguono ma il volo non accenna a terminare. Non ci sono cali, imperfezioni, tentennamenti. Ci sono invece folate improvvise, o vuoti d’aria. Questi ora innalzano, ora fanno sfiorare la rena. Nel frattempo il sole lentamente scende all’orizzonte. Il deserto cambia colore. Il cielo diventa blu, blu scuro striato di arancione. Compaiono le prime stelle. Le note si affastellano. I suoni cambiano. Il ritmo, muta.
Il viaggio prosegue. Non si sa dove porterà esattamente. Ma poco importa. Ciò che conta è continuare a volare. Proseguire l’esplorazione si un mondo in ogni caso nuovo. Sconosciuto, anche se lo abbiamo visto mille volte. Unforgettable segna il passaggio tra il sol leone e la sera. Un brano morbido, evocativo, carezzevole. Caldo. Dove non mancano alternarsi di momenti inattesi. La chiusura del disco è affidata a Planet for sale. Un perfetto epilogo della lunga traversata tra sabbia e vento. Una foto di un antico villaggio beduino dove le fiaccole illuminano il cammino, le case, la grande porta d’accesso.
Un vocio sussurrato quasi si perde nei vicoli. I ragazzini si inseguono. L’ascoltatore cerca un posto in cui poter riposare mentre assapora fino all’ultima nota questa atmosfera sospesa.
Tirando le somme. Un lavoro superlativo quello di Pier Gonella. Degno di essere annoverato tra i migliori esponenti della sei corde. Un disco consigliatissimo a tutti, indistintamente. Non per sminuirlo, anzi. Consigliato a tutti perché è così ricco di sfumature e suggestioni che ognuno troverà le proprie senza sforzo. Chi vorrà addentrarsi nei meandri tecnici, non avrà che l’imbarazzo delle scelta per saziare la propria fame di sapere. Se volessimo trovare un appunto, tuttavia, lo si potrebbe vedere nell’eccessivo uso del wha. Ma è gusto personale. Il suono fa parte dello stile del nostro.