I Fleurs du mal sono un ensamble rythm and blues d’annata. La prima formazione risale al 1983. il primo disco all’anno successivo. È trascorso il tempo lasciando inalterato il loro spirito blues. Il loro stile spazia tra il blues di Chicago, Blues Brothers, il rock, il funky, il jazz e lo swing. Tutte influenze che si insinuano non solo nei dischi, ma anche nei singoli brani. Questo rende i Fleurs du mal longevi e sempre accattivanti. La loro è musica senza tempo. Inutile soffermarsi sulle capacità tecniche dei componenti. Sono decisamente alte. Soprattutto sono state affinate per dare quello spessore tipico solo dei nomi migliori del genere. I brani sono intensi, trascinanti, lancinanti quando è il caso. Il loro ultimo lavoro in studio, Gumbo, mostra un ulteriore mix. Infatti è, per la prima volta nella storia della band, da sei ‘standard’ affiancati ad altrettanti brani originali.
Quindi troviamo Caledonia di Luis Jordan, Melody del duo Jagger-Richrads, Stop Breaking Down dell’immortale Robert Johnson, Basin Street Blues di Spencer Williams, featuring Andy J Forest, Let Me Love You Babe di W. Dixon, Rollin’ & Tumblin’ di Hambone W. Newbern accanto a canzoni inedite. Se i brani prescelti come cover possono essere considerati classici per i cultori del genere e del rock, non possono certo definirsi scontati gli arrangiamenti. Il disco offre poi una chicca in più. La partecipazione su diversi brani di Andy J Forest.
Tutte le composizioni, originali e non, rispettano la tradizione del Fleurs du male style. Rhytm and blue d’autore, perfettamente suonato. Inutile un track by track. Ogni canzone va scoperta nell’insieme. Come impossibile indicare una brano sugli altri. Entrano in gioco quelli che si chiamano gusti personali. E personalmente, se proprio dovessi indicare una canzone, direi Blues cares. Mi ha colpito l’intensità, l’andamento sofferto, il calore che emana, l’interpretazione della voce. Da chitarrista ho poi molto apprezzato il solo che non è soltanto circostanziato, ha un gusto davvero invidiabile. Medesimo concetto per l’intervento di armonica. Oltre a dei suoni perfetti.
Ciò dà la somma di come questo disco debba essere approcciato. Si deve partire dalla base che si sta per sentire un disco che non ha difetti. È instradato su un genere ben preciso, ma questo non deve far pensare a qualcosa di scontato. Si deve essere ben consci del fatto che le canzoni non hanno nessun calo. La capacità di scrittura ai nostri non manca. Allo stesso modo sono assenti tentennamenti o riempitivi. Tutto è costantemente sotto controllo. Pur dando l’idea di una jam session tra amici.
Ecco, questo è un altro aspetto moto importante per entrare nel giusto mood. Il fatto che si sta per ascoltare delle composizioni scritte da amici. Spiegarlo a parole è difficile. È la medesima sensazione che si ha incontrando qualcuno, magari anche per la prima volta, e sentire come se si conoscesse quella persona da moltissimo tempo. Non è voler banalizzare. Anzi. Che la musica riesca a trasferire nell’ascoltatore questo genere di sentimento, trovo che dia una marcia in più all’intero cd. Lo spegnersi dell’ultimo brano lascia un po’ di amaro in bocca e una domanda: come potranno mai essere dal vivo? Se solo il disco trasmette tante emozioni, calore, suonato dal vivo sarà ancora meglio. Non resta che dare concretezza a questa idea vedendoli in sede live. Il sentore è che non si rimarrà delusi. Al contrario. Sarà certo meglio delle aspettative.
Un disco consigliato a tutti. In particolar modo a chi ha bisogno di una pacca un una spalla per una giornata storta.
Quel che leggo – e rileggo – non è una Recensione: è un apprezzamento altamente positivo, ma con nulla di esagerato. È una illustrazione di meriti e di capacità talentuose di voi tutti. La musica accompagna le parole iconoclastiche che suscitano uno stato d’animo emotivamente irripetibile. Sentirvi dal vivo è come cercare, trovandole, le
emozioni che si sa di conoscere. EBBENE RECATEVI A VIVERLE !
Gentile Rocco,
innanzitutto, grazie per il tempo speso a leggere e rileggere.
In seconda battuta, cosa dovrebbe essere una recensione se non uno spiegare com’è un disco, come è suonato, come è prodotto, come è la tecnica dei musicisti?
Non è un’esposizione di gusti personali. Quelli, appunto, sono personali. La musica trasmette ad ognuno sensazioni diverse. Inutile ‘condizionare’ con un giudizio. Ognuno ha la propria testa, la propria sensibilità, il proprio background per poter apprezzare un disco. Magari il medesimo disco ad un amico non dice nulla. Quindi, chi dovrebbe avere ‘ragione’, se di ragione si può parlare?
Circa il versante live, mi piacerebbe moltissimo, ma non sempre si ha la possibilità.
Certo da vivo i brani saranno decisamente più emozionanti.
Se mi facesse un esempio di come dovrebbe essere una recensione, potrei prendere spunto per migliorare.
Carmine
Per Nilde-Graziella e Clemente: BRAVI !