Per questo IMO prendo spunto dalla pubblicazione della copertina del numero di maggio del nostro magazine sulla pagine di TheMetalMag. Lo spunto nasce dalle ‘sensazioni’ avute dopo la notizia. Emozione in primo luogo. Poi è subentrata la riflessione: perchè, nell’era di internet, dove tutti siamo ovunque in un secondo, tutto è condiviso in tempo reale, non esistono limiti e confini, una notizia del genere creare emozione? La prima risposta è stata: perché quella carta resterà per sempre.
Magari sepolta tra migliaia di altre pubblicazioni. Forse nessuno la scoprirà mai o qualcuno tra cento anni, rovistando nell’equivalente di uno scatolone, potrà tirarne fuori un numero e sfogliarlo. Fatto sta che rimarrà li, a memoria di un tempo, di un’epoca. Di ciò che quel tempo ha prodotto e dato. La corretta ‘contestazione’ di questa testi è: non è vero. È internet il regno dell’incancellabile. Tutto ciò che viene pubblicato, per quanto minimo, per quanto eliminato, non scompare mai del tutto.
Ne rimangono sempre briciole che permettono di ricostruirlo. Si veda il sito archive.org. Qui potete ritrovare pubblicazioni, articoli, video, che non esistono più da anni. Un esempio per tutti è la stessa TD. Su quel sito potete rivedere ancora l’edizione di quando eravamo dominio .com. Eppure quelle pagine sono state eliminate anni e anni or sono. Vero, verissimo, ma non è la stessa cosa.
Se in rete nulla viene cancellato, è vero che tutto viene sommerso da una infinità di materiale, ogni giorno. Per la carta non è così. Penso ad una pubblicazione fatta ormai 23 anni fa. Con alcuni amici pubblicammo un libro su H. P. Lovecraft intitolato Sculptus in tenebris. Una raccolta di saggi e materiale inedito in Italia sul solitario di Providence e sulla sua influenza nella cultura contemporanea.
Film, fumetti, racconti, poesia, canzoni ispirate al suo lavoro. Ebbene, quella pubblicazione in rete non c’è. Non è stata digitalizzata. Quindi non esiste? No no, esiste e come. Anzi. Una copia è anche custodita nella biblioteca di Providence nella sezione sugli studi lovecraftiani. Risultato che con internet non saremmo mai riusciti ad ottenere. Con la rete saremmo riusciti ad avere un link, al limite.
Senza contare l’impegno di tenere quel collegamento sempre vivo. Invece il libro è li. Sfogliabile, consultabile, rileggibile. È il medesimo concetto che potremmo applicare alla collezione di riviste di musica che molti di noi hanno ancora. Magari chiuse dentro un armadio per non fargli prendere polvere o magari ben esposte in libreria. Di quando in quando le prendiamo, le sfogliamo, ne sentiamo la consistenza.
Torniamo indietro nel tempo. Sia chiaro, questo non è un processo alla rete o un attacco di nostalgia della serie ‘si stava meglio quando si stava peggio’. Si tratta solo di considerazioni su un fenomeno ancora vivo, vivissimo. Per quanto la digitalizzazione possa aver portato vantaggi, la concretezza rimane foriera di sentimenti. Credo sia diverso per una band o un artista ascoltare la propria musica su una piattaforma digitale rispetto a tenere in mano un cd o un vinile. Ovvio, le questioni economiche sono di primaria importanza e la spesa sarebbe davvero insostenibile. Senza dimenticare la distribuzione.
Eppure, secondo me, arrivare ad un concerto e vedere il banchetto con il merch ha sempre il suo fascino. Ciò che il pubblico potrà acquistare è qualcosa di imperituro. Non è solo un ricordo per sé. È eredità per i posteri. La maglietta del gruppo X tra 50 anni potrebbe piacere a mio nipote che la porterebbe in giro con orgoglio. Senza sapere che in quel modo non farà altro che preservare il ricordo di una band, un evento, una manifestazione che ha fatto parte della vita di molte persone.
Se volessimo spostare il concetto alla fotografia, è un po’ come ritrovare le vecchie immagini dei bisnonni magari. Osservarle non ci porta solo la loro memoria. Ci fa rivedere un mondo. E un disco, una tshirt, una bandiera, una sciarpa, è lo stesso. Decidere se acquistare o meno un gadget non significa solo appoggiare un artista, una band, un evento. Significa decidere se salvarne la memoria o meno.
È lo stesso discorso che potremmo fare sempre con le foto. Quanti si vanno a rivedere le 10mila immagini scattate durante le vacanze e quanti, invece, sfogliano un album? Magari su quei fogli di fotografie ce ne sono solo poco meno di 100. Eppure le guardiamo. Ad ogni cambio di pagina ci soffermiamo. Ricordiamo. È una necessità. Credo non si possa parlare di sensibilità generazionale. Anche le nuove generazioni hanno bisogno di memoria, di qualcosa che gli ricordi cosa hanno vissuto. Lo fanno in modo diverso e, per gente della mia età, difficile da capire. Resta comunque il fatto. L’appagamento del tatto e della vita, non ha limiti.