underground, le soluzioni

Problematiche e difficoltà del mondo underground sono ben note. Ora è il momento di trovare delle soluzioni reali. Azioni concrete che vadano al di là delle parole. Anche gli storici Necrodeath in questa intervista ne propongono diverse. Piccoli passi per arrivare ad un grande risultato

Quelli che sono limiti e ‘problemi’ del rock/metal in Italia, soprattutto per quello prodotto nel Belpaese, li conosciamo già. Difficoltà di divulgazione, limitati spazi mediatici, problemi nell’organizzare eventi e via discorrendo. Sono anni che se ne parla, se ne dibatte, se ne discute. Sono anni che, però, si parla e basta. È diventato quasi un mantra autolesionista. La domanda è, assodato quanto sopra, quali potrebbero esse le possibili soluzioni effettivamente attuabili? Non parliamo del: sarebbe bello se. Parliamo del: possiamo fare così.

PIER: Sicuramente è difficile trovare una soluzione perché il mondo musicale in generale fa sempre piu’ fatica a far girare i numeri, a maggior ragione fatica il metal che nasce come una nicchia. Dovremmo cambiare un po tutti noi come mentalità, come “mindset”, chi di piu’ chi di meno. Tanti metallari e/o musicisti se cominciassero a non passare metà del tempo libero a fare i leoni da tastiera sui social e si chiedessero come spendere il tempo libero migliorando se stessi già migliorerebbero il sistema.

Mettere tutti da parte le invidie che portano a sfogarci contro ogni musicista o band più famoso di noi e cercare di concentrarci su noi stessi, prendendo esempio da chi è arrivato prima invece di criticarlo, sono sicuro che porterebbe a cambiamenti in positivo.

La sensazione è che si rimanga in attesa che le cose cambino. Che arrivi qualcuno o accada qualcosa per cui la situazione possa mutare. Nel frattempo si vivacchia. Salvo poi, per moltissimi, lamentarsi. Non sarebbe forse meglio cercare di muoversi autonomamente e creare vie di uscita invece di aspettare che qualcun altro lo faccia per noi?


PIER: E’ vero si rimane in attesa a lamentarsi ma a volte è solo un modo di mascherare la pigrizia a rimboccarsi le maniche e fare qualcosa di più. Tutto è più difficile di prima, non solo la musica, sicuramente tra l’epoca covid ed il rincaro dei prezzi le difficoltà sono cresciute esponenzialmente. Pero’ dai musicisti che studiano, alle band, agli organizzatori di eventi, io percepisco che ci si concentra tutti sul fare meno sforzo possibile, e non si tratta di risparmiare denaro, ma di concentrarsi sul portare a casa la serata senza fatica, tanto l’importante è il post su facebook da far leggere ai 4 amici.

Un difficoltà emersa ascoltando diversi youtuber tra i 20 e i 30 anni che parlano di rock/metal, è il riuscire, per la loro generazione, ad inserirsi nel giro. Molti evidenziano come, a causa della giovane età, vengono spesso dileggiati, non presi sul serio. Quasi che per essere ‘considerati’ debbano superare un esame di ammissione. Il che non favorisce certo un dialogo. È un problema che avete riscontrato?


PIER: A mio avviso dovremmo favorire il dialogo da entrambe le parti. Spesso i musicisti over 40, ma anche over 30, considerano erroneamente il giovane “youtuber” come una figura di scarso valore perché ha costruito il suo seguito davanti al computer senza “farsi le ossa” sul palco vero. Dall’altra parte lo youtuber considera le generazioni piu’ anziane solo come “boomers”, pezzi di antiquariato.

Personalmente gli ultimi anni ho costruito il mio canale youtube “Pier Gonella Jam” insieme a una soddisfacente produzione di musica in formato digitale proprio imparando dai piu’ giovani di me, e allo stesso modo loro potrebbero imparare molto da noi piu’ “grandi” in termini di esperienza sul palco e un minimo di “saggezza” in piu’ vista la gavetta che ci siamo fatti…


PESO: Sicuramente una problematica attuale è il fatto che i giovano cominciano a suonare, o fare gli youtuber o i videomaker, pensando già di fare dischi, canali youtube da milioni di iscritti e poi si scontrano con la realtà di dover fare una gavetta oggi sempre piu’ scontata. Io ricordo quando ho cominciato a suonare a 14 anni non avevo nessuna prospettiva o pretesa, anche perché all’epoca ero piu’ appassionato di calcio.

Pero’ quando realizzai il primo concerto nell’aula magna della scuola, vidi un pubblico entusiasta e partecipe, che unito alla performance ben riuscita per quel che mi ricordo, mi trasmise una gran voglia di continuare a suonare e di migliorare anche se questo avrebbe comportato studio e sacrifici.

4 Avete contatti con i vostri fans più giovani?


PESO: Parallelamente all’attività musicale in senso stretto mi sono sempre dedicato all’insegnamento della batteria, in numerose strutture del genovese. In particolare in MusicArt, con cui collaboro in pratica dal 2011, mi sono spesso trovato a contatto con “fans” che vedendo suonare I Necrodeath o altre band metal, si iscrivevano ai corsi di musica sapendo che gli insegnanti suonano o conoscono anche l’heavy metal. Con gli anni ho visto cambiare le loro abitudini, passando dall’ascolto del cd a quelli masterizzati, poi alle chiavette usb ed infine youtube ed il web.

La passione per il metal nei piu giovani c’è ancora, ma l’ascolto e la pratica della musica avviene con piu’ superficialità. Spesso ritrovo in scuola metallari adulti che iscrivono i figli e quindi mi rapporto anche con loro. Inoltre ho realizzato appositamente un metodo di Laboratorio percussioni per bambini e propedeutica musicale per venire incontro alle esigenze dei genitori che chiedono di trasmettere la passione per la musica ai loro foglio, magari sotto i 6 anni.

Le mentalità dei ‘vecchi’ della scena e delle nuove leve, sono davvero inconciliabili o è volontà degli storici non voler ammettere che il tempo passa e che bisogna andare avanti, ‘crescere’ ascoltando anche altro?


FLEGIAS: Non penso siano inconciliabili, così come non vedo tutto questo “nonnismo” nei confronti delle nuove leve. Nel nostro microcosmo Necrodeath, vedo la musica come un elemento di unione e fratellanza.
Il fatto che poi quelli della nostra età si ostinino a rimanere legati alle uscite discografiche fino agli anni ’90 lo prendo come una libertà di scelta. Uno è libero di ascoltare quello che gli piace e se si perde qualcosa di maestoso di nuova uscita, beh… problema suo. Quello che non piace è sentire termini come “bisogna”.

Altro limite evidenziato dai giovani è che quando si recano ai concerti vengono criticati o sminuiti perché non conoscono tutte le canzoni delle band che si stanno esibendo. Dal loro punto di vista questo non è un limite dato che si stanno ‘formando’. È un limite che notate?


FLEGIAS: Fortunatamente no. E fortunatamente non conosco gente che va a criticare gli altri ai concerti perché non sanno i pezzi… è da sfigati dai. L’heavy metal, in tutte le sue sfaccettature, è ancora in vita grazie allo spirito di aggregazione e fratellanza. Questa fratellanza, tipica delle bande che si formavano sul finire dei ’70, è la linfa vitale del genere e io continuo a vederla e viverla. Se vedo per strada uno con una maglietta metal, subito scatta il meccanismo che mi fa dire: “ok, è uno di noi… sono al sicuro”.

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