Una carriera quasi trentennale alle spalle, diversi dischi, successi e tour nazionali ed internazionali. Questi gli Enemynside di oggi. Dalle parole di Matt, emerge come sono cambiate le cose nel corso di questi 3 decenni e di come la band oggi sia esattamente il riflesso delle personalità che la compongono. Aspetto che si riflette anche nella musica proposta. Coerenza, crescita, sperimentazione sono solo alcuni degli elementi che animano questa chiacchierata tutta da leggere.
Una presentazione per chi non vi conosce
Ciao a tutti, noi abbiamo iniziato il nostro percorso musicale sotto il monicker Scapegoat nel 1994. Il genere proposto era un heavy-thrash influenzato sia dal metal classico che dal thrash metal. Nel 1999 la band decide di cambiare nome in Enemynside e spostare le sonorità tutte in direzione thrash aumentando decisamente anche il bpm dei pezzi. Dal 2003, anno di uscita del nostro primo album “Let The Madness Begin…” per TempleOfNoise/Frontiers, abbiamo realizzato 4 dischi e 3 EP riuscendo spesso nel corso degli anni a portare la nostra musica in giro per l’Europa sia all’interno di festival che come headliner e opener a bands internazionali.
Iniziamo dal vostro penultimo lavoro. Il segreto che, dopo tanti anni, permette di scrivere ancora ottima musica?
La passione per quello che facciamo, noi siamo quello che suoniamo. Nessuno di noi campa con l’attività degli Enemynside, quindi se non fosse stata la passione a portarci avanti avremmo già smesso da tempo per dedicarci ad un hobby meno dispendioso
Come sono nati i brani?
I pezzi di Chaos Machine sono nati dopo un periodo di stallo che la band ha vissuto fra il 2013 e il 2016. In quel lasso di tempo cessammo l’attività per una sorta di burn-out: quando metti tutto te stesso in un progetto cercando di portarlo avanti sempre in maniera professionale (e in parallelo al quotidiano lavorativo che ti prosciuga le energie) ma non vedi il riscontro che pensi di meritare a volte è una cosa che può generare frustrazione e insoddisfazione. In quel caso un mix di avvenimenti avversi ci portò a dire basta. Quando poi decidemmo di ripartire nel 2016 lo facemmo con le idee molto chiare e i pezzi vennero fuori in maniera molto naturale. La maggior parte delle canzoni presenti sull’album sono frutto di idee partorite nel 2018, solo Deadline, No God In Kolyma e forse un’altra hanno radici nel nostro passato compositivo.
C’è stato un approccio diverso alla composizione rispetto ai vostri dischi precedenti?
No, il modus operandi è rimasto lo stesso: io propongo un pezzo a Fran, lui ne propone uno a me, se siamo d’accordo sulla bontà delle idee ci si lavora per dargli una struttura di massima e poi passarlo alla sezione ritmica per gli arrangiamenti di basso e batteria. Il tutto poi viene provato in sala e modificato fino a rendere il pezzo soddisfacente per tutti quanti. L’unica novità è stata il mio apporto a livello di testi, cosa che non era mai successa prima per i tre album precedenti.
Perché avete deciso di continuare a suonare thrash?
Perché come dicevo prima siamo quello che suoniamo. Sappiamo che questa è una nicchia e le sonorità delle bands di oggi spesso sono più estreme e violente, ma per quanto mi riguarda non credo che riuscirei a suonare per esempio metal-core solo perché magari è una scena con più fermento e i gruppi hanno un responso maggiore e più visibilità. Quello che suono è quello che mi viene spontaneo fare e così anche per gli altri. Poi nel corso degli anni abbiamo anche sperimentato un po’, ma sempre all’interno del genere.
L’aspetto più difficile del vostro modus creativo?
Trovare le idee giuste senza che possano risultare scontate o che suonino soltanto come dei clichè del genere. Ciò che senti su disco è la summa delle nostre idee migliori del momento, ma per 50 riff che hanno superato la selezione ce ne sono almeno altri 200 che sono stati scartati!
Il vostro è un lavoro piuttosto variegato, ossia comprende diverse influenze. Frutto della semplice composizione o una scelta?
Frutto di quello che siamo oggi, la musica riflette le sfumature delle nostre personalità, non siamo più una cosa sola (come magari nel periodo adolescenza/post-adolescenza) ma abbiamo diverse sfaccettature che inevitabilmente si riflettono anche nella musica che componiamo, che di base rimane di matrice thrash ma incorporando anche altri elementi
Quale musica ascoltate?
Ah beh…..bella domanda. Un sacco di cose diverse, ognuno ha le sue fisse, al momento io mi sto drogando di Machine Head e Trivium per esempio ma amo tantissimo anche gruppi come i Muse o i Guano Apes. Fran va dal blues di J.Mayer agli Slipknot, Fabio è malato per i Death (gruppo che adoriamo tutti quanti comunque), Andrea è un fan incallito dei Pantera…….insomma, siamo abbastanza trasversali!
Sono cambiati i vostri testi? In che modo?
I testi riflettono principalmente riflessioni personali su ciò che ci circonda e sono il veicolo per “spurgare” quel malessere interiore che si genera quando si ha la sensazione di essere vittime di ingiustizie (sia sociali che personali) o di non riuscire ad afferrare il senso del proprio percorso esistenziale . La novità è che in questo album è presente un mini-concept rappresentato da 3 pezzi con la stessa tematica: “Frozen Prison Cell”, “The Terror” e “No God In Kolyma”. I testi sono stati ispirati da diversi libri che ho letto in merito alla dittatura nell’epoca dell’Unione Sovietica e ne analizzano le sfumature psicologiche che caratterizzavano gli oppressi e le vittime del regime in questione. Gli altri testi sono incentrati sulla realtà odierna e sulle disfunzionalità che certe sovrastrutture generano in chi vive nella nostra epoca.
Quanto contano le parole in un disco?
Penso sia un fattore soggettivo, ti direi che la prima cosa che arriva generalmente è l’impatto della parte strumentale, ma credo che se ci si voglia calare completamente nelle atmosfere di certi tipi di musica anche il messaggio lirico sia fondamentale.
Tante band cercano di riprodurre ciò che è stato perché la musica di oggi non vale nulla. Voi come la pensate?
Che è difficile ormai inventare qualcosa di nuovo e che per farlo si perde spesso in spontaneità. Quello che ha reso dei classici dischi usciti fra gli anni ‘70 e ’80 (m anche in parte nei ’90) era l’urgenza espressiva, a volte semplice ma cmq efficacissima ed ispirata. Ora se non punti sulla forma, se non ti inventi una formula interessante per farti notare, se non “carichi” la proposta a volte in maniera esagerata (con suoni o immagine) non riesci ad attirare l’attenzione. Quindi a chi invece vuole riappropriarsi della visceralità creativa di un tempo è più facile che venga spontaneo ispirarsi a dei modelli passati che hanno fatto la storia.
Qualcuno ha detto che diversi artisti storici oggi continuano a produrre più per ‘contratto’ che per passione. Secondo voi?
Nella maggior parte dei casi per i suddetti artisti storici questo ormai è lavoro, non solo per loro ma anche per tutte le persone che gravitano intorno all’organizzazione dell’attività della band. L’indotto che porta un live dei Metallica per esempio è enorme e c’è tantissima gente coinvolta dietro le quinte oltre a loro 4 che vediamo sul palco. Poi non escludo che ci sia ancora qualcuno che ci si diverta con la musica nonostante l’età. Non seguo i Rolling Stones ma ho sentito da più parti che il loro album uscito di recente sia il migliore da diversi decenni a questa parte.
La musica oggi dovrebbe essere più…?
Considerata! E’ una forma d’arte che sembra quasi essersi svalutata con l’avvento del digitale. La gente ormai è abituata a usufruirne in maniera gratuita tramite i vari servizi di streaming ma dietro ai dischi c’è sempre comunque un lavoro enorme da parte degli artisti. Partendo dalla preparazione individuale fino ad arrivare alle prove e al lavoro di composizione e produzione, chi fa le cose in maniera professionale investe tanto tempo e soldi per qualcosa che poi li ripaga, se va bene, solo a livello artistico.
Una band per cui vi piacerebbe aprire?
Troppe, potrei darti una risposta scontata citandoti una band a caso fra quelle che stimiamo, ti rispondo invece i Guano Apes perché così finalmente potrei conoscere Sandra Nasic che adoro
Una che vorreste aprisse per voi?
Se sta bene a loro suonare prima di noi a me vanno cmq sempre bene i Guano Apes!
Il vostro concetto di underground?
L’underground è tutto quel fermento del sottobosco musicale in cui è possibile ogni tanto scoprire artisti interessanti e non ancora “corrotti” da dinamiche mainstream. Gruppi che suonano quello che vogliono per la loro nicchia e che sono in connessione sia con loro stessi e la propria musicalità che con il pubblico che li supporta.
La sua ‘malattia’ peggiore? La cura?
Non posso fare un discorso generale perché non ho una visione completa sull’underground internazionale. Di sicuro potrei dirti che ci sono personaggi che sfruttano la voglia delle band di emergere promettendo, in cambio di cospicui compensi, servizi che a volte non sono all’altezza degli accordi presi. La cura per questo potrebbe essere il passaparola fra i gruppi: informare quando ci sono addetti ai lavori poco trasparenti e dall’altra parte fare pubblicità a chi dimostra di sapere lavorare in maniera onesta.
Una band o un artista underground che consigliereste?
I primi che mi vengono in mente sono gli Angelus Apatrida, gruppo spagnolo che negli ultimi anni è riuscito a guadagnarsi una discreta notorietà grazie alla qualità sempre alta delle loro pubblicazioni ed esibizioni live. Certo si tratta sempre e comunque di una nicchia visto che la loro proposta è fortemente di matrice thrash, ma vale la pena dargli un ascolto a prescindere dai gusti…..
Una mainstream che vi stupisce?
Sono un amante dei Muse da svariati anni ma li ho visti dal vivo solo di recente (Stadio Olimpico Luglio 2023), il loro impatto live è davvero incredibile, sia da un punto di vista musicale che scenico.
Ieri l’idea, oggi il disco, e domani…
Il tour! Per fortuna sembra che le cose si stiano rimettendo in moto piano piano dopo il periodo di blocco dovuto alla pandemia. Prima del 2020 avevamo preso a suonare all’estero con una certa continuità scoprendo come il genere che suoniamo sia molto seguito in Spagna. Proprio in Spagna stiamo per ufficializzare 4 date per il mese di Marzo 2024
Una domanda che non vi hanno mai posto ma vi piacerebbe vi fosse rivolta?
Non ce l’hanno mai fatta perché non è mai arrivato quel momento, quindi ci piacerebbe che un giorno ci venisse chiesto: “Com’è stato arrivare al successo dopo cosi’ tanti anni di attività?”
Se foste voi ad intervistare, ipotizzando di avere a disposizione anche una macchina del tempo, chi intervistereste e cosa gli chiedereste?
Probabilmente i Metallica nel ’91 chiedendogli di smettere dopo la pubblicazione del Black Album per dedicarsi solo ai live!
Un saluto e una raccomandazione a chi vi legge
Grazie a voi di Tempi Dispari per lo spazio concessoci e a tutti i lettori che si sono soffermati a leggere questa intervista. Continuate a seguire le bands underground che meritano e fatevi sentire anche lasciando commenti sui relativi social e supportando i gruppi acquistando il merch. Molti potrebbero pensare che i feedback non vengano letti o possano risultare scontati per gli artisti ma non è così. Ogni testimonianza, ogni critica (sia positiva che negativa) ci stimola a perseverare e a fare sempre meglio.
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