Prosegue il viaggio nel mondo dei Les Long Adieux. Solo in questo modo si può rappresentare la loro musica. In questo nuovo Vertigo, i nostri incupiscono le atmosfere. Una scelta in linea con il tema portante del disco. L’angoscia esistenziale dei nostri tempi. Il tutto prendendo come punto di riferimento e metafora gli accadimenti dell’11 settembre 2001. La linea musicale portante è quella della migliore darkwave alla quale i nostri hanno aggiunto atmosfere space, oniriche, rarefatte ma tutte delineate da una profonda angoscia. Tutto giro attorno a questo tema.
La voce di Federica Garenna, rispetto al primo lavoro, evolve e si adatta alla perfezione al nuovo contesto. Viene abbandonato anche il cantato in italiano a favore della lingua di albione e di alcuni inserti in tedesco. Sicuramente ciò che avvolge e coinvolge è l’aspetto cupo, oscuro, claustrofobico del disco. Ben pochi sono gli spazi lasciati alla luce. E anche in quei brevi momenti resiste sempre un retrogusto tragico che ne mina lo splendore. Possiamo fare riferimento ai gruppi darkwave più oscuri per dare un’idea delle atmosfere. Possiamo quindi chiamare in causa i Bahuaus più neri, i Joydivision più pessimisti accostati ai Field of the Nephilim. E ancora non basta, in verità.
Il sound è su queste coordinate, tuttavia, grazie all’inserzione di momenti sospesi, strizzatine d’occhio a ritmi quasi dance retro e ritornelli al limite del pop, si legga Flight 175, ciò che emerge è un carattere ben specifico. I Les Long Adieux anche questa volta sono riusciti ad emergere dal panorama scontato e generalista per far splendere il proprio carattere. Tutto ciò che c’è all’interno del disco è strumentale alla narrazione. I richiami, come quello decisamente dedicato ai Cure in Antenna, sono omaggi. I nostri riescono sempre a personalizzare l’andamento dei brani così come i suoni.
L’intenzione del disco possiamo in ogni caso definirla rock nel suo insieme. Questo perché l’andamento delle canzoni è piuttosto dinamico con crescendo che non hanno bisogno di distorsioni per essere intensi. Ottimi gli inserti di synth e campionamenti come in Falling Man. Quello dei Les Long Adieux è un disco che può essere letto a diversi livelli. Come sempre in questi casi, è il livello più profondo che si raggiunge solo dopo molteplici ascolti, quello più interessante. Erroneo sarebbe liquidarlo come lavoro che omaggia un determinato periodo. Dentro ci sono approcci, suoni, modalità espressive assolutamente contemporanee. La bravura è stata farle passare attraverso le maglie darkwave, synth pop del disco.
In conclusione. Ai Les Long Adieux si devono fare solo complimenti per la capacità di evolvere, di andare ad esplorare anche aspetti più scomodi di loro stessi, di mettere a nudo paure, timori ed angosce che non sono sentimenti certo estranei al giorno d’oggi. Vertigo è uno spaccato di questo sentire, un documento he porta in note e parole l’incertezza di un’intera epoca.