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L’album The Cold Summer of the Dead dei Junkfood, uscito nel 2012, rappresenta uno degli esperimenti più originali della scena musicale strumentale italiana. Con un sound cupo e viscerale, questo lavoro si inserisce tra rock, jazz, e post-rock, mostrando l’attitudine di Junkfood per una musica che si muove tra atmosfere cinematografiche e toni da thriller psicologico. La sua ricchezza sonora crea scenari immaginifici e quasi palpabili, un’esperienza per chi ascolta che non lascia indifferenti. Di seguito, un approfondimento traccia per traccia.

Track by Track

  1. The Cold Summer of the Dead
    L’album si apre con una traccia che definisce subito il tono del progetto: un’atmosfera glaciale e solenne, supportata da suoni oscuri che trasportano l’ascoltatore in un luogo desolato. Le linee di basso sono profonde e danno un senso di gravità, mentre la batteria e la chitarra si fondono in un crescendo che non esplode mai completamente, lasciando una tensione sospesa.
  2. The Maze
    The Maze si muove su un ritmo ipnotico e circolare, portando chi ascolta in una spirale che ricorda un labirinto senza via d’uscita. Le percussioni sono ossessive, e gli strati di synth e chitarra creano un senso di disorientamento. È un pezzo potente che colpisce per la sua capacità di evocare immagini di inquietudine e mistero. Perfetto per chi cerca una colonna sonora che lo catturi e lo lasci con il fiato sospeso.
  3. Only Shadows Move
    Questa traccia è il cuore malinconico dell’album, con un mood che si potrebbe quasi definire blues. Le chitarre lamentose e il ritmo rallentato creano un senso di perdita e desolazione. Only Shadows Move è uno di quei brani che trasmette un’immagine di silenzio post-apocalittico, come una città deserta dopo un temporale.
  4. The Last Drop of Water
    Intenso e atmosferico, The Last Drop of Water porta una ventata di sperimentazione sonora. Con l’uso di riverberi profondi e suoni filtrati, i Junkfood riescono a costruire una dimensione sonora quasi acquatica, suggerendo una sete emotiva inappagata. La traccia ha una struttura libera, senza una direzione chiara, che rispecchia forse un messaggio di incertezza.
  5. A Room with No Air
    Questa traccia è una lenta costruzione di ansia, dove il silenzio tra le note ha un peso fondamentale. Qui la band gioca con le pause e i vuoti, dando spazio ai suoni di chitarra e basso che si espandono come respiri trattenuti. È una delle tracce più minimaliste dell’album, ma è anche una delle più potenti, evocando la sensazione claustrofobica di essere intrappolati in una stanza senza aria.
  6. Ashes
    La chiusura dell’album arriva con Ashes, una traccia che funziona quasi come un epilogo, con un sound etereo e riflessivo. Qui, i toni si fanno più lievi, come se i Junkfood stessero concedendo una tregua a chi ascolta. Questo brano chiude l’album come una liberazione, un’uscita da quel “labirinto” inquietante e profondo che l’intero lavoro ha rappresentato.

Conclusioni

The Cold Summer of the Dead è un’opera intensa che conferma la capacità dei Junkfood di esplorare territori musicali poco battuti. La loro capacità di evocare immagini forti e ricche di significato senza fare uso della parola è uno dei tratti più distintivi del loro stile. L’album, per quanto non di facile ascolto, è un viaggio sonoro che cattura e trattiene in una dimensione parallela. Un lavoro che non solo si ascolta, ma si vive.

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