imo

La bravura dei musicisti non è proporzionale a quella delle band.

Un aspetto su cui non mi era ancora di riflettere è che, spesso, la bravura e la preparazione tecnica dei singoli musicisti non coincide con quello che la band di cui fanno parte propone. Mi spiego meglio. Ho sempre pensato che studiare uno strumento fosse un metodo per andare oltre i cliche, oltre l’ovvio e non solo un sistema per autocelebrarsi.

Moltissimi bravi musicisti, di disco in disco, sperimentano, ricercano, superano confini di genere. Per molti strumentisti nostrani, soprattutto appartenenti all’underground, questa regola non vale. Ci si prepara tecnicamente solo per far vedere quanto si è bravi a proporre sempre la solita musica. Sono molto pochi quelli che, con la propria band, sperimentano, cercano altre soluzioni.

E lo posso dire a raigon veduta, dopo anni di recensioni e di ascolti. Dischi che davvero varrebbe la pena ascoltare si contano, in un anno, sulle dita di una sola mano. Questo è contraddittorio se si pensa alla preparazione degli strumentisti. Quindi la domanda sorge da sé: perché i gruppi italiani si vogliono autolimitare? Perché ci si impegna di più nel cercare di ricreare ciò che è stato invece di pensare a ciò che potrebbe essere?

Onestamente i dischi italiani sono tra quelli più stagnanti e ripetitivi mi sia capitato di ascoltare. Questo a discapito delle capacità dei singoli musicisti. Di che cosa si ha paura? Del resto lo si fa per gioco, per diletto, per passatempo. Perché quindi non ‘rischiare’ come si deve cercando soluzioni diverse? Certo, oggi è stato suonato tutto il suonabile e inventare cose nuove non è possibile.

Eppure c’è chi prova quantomeno a mischiare la carte in tavola. Perché noi no? Dischi underground che stupiscono sono rarissimi. Quando escono invece di essere osannati come tali, vengono dileggiati e criticati. Ci sono band che meriterebbero molto di più, soprattutto dal loro stesso ambiente indipendente. E invece ristagnano oppure si arrendono.

Per quale motivo? La risposta potrebbe riportare al solito disco rotto di come è messa la musica sommersa nostrana. Ma purtroppo non vedo altre possibilità. Siamo ancorati a cliche talmente vetusti, desueti e logori da non riuscire neppure più a renderci conto di non stare producendo nulla, o quasi, di buono. Molti prodotti discografici sono saltati all’orecchio perché ricordano altro.

Quelli invece che vanno oltre, sono stati lasciati a pochi eletti. Una mentalità che deve cambiare. Un blocco che deve cadere. E, credo, sia inevitabile. Così come i dinosauri si sono estinti, anche l’undeground italiano sparirà seppellito da nuova musica e tendenze di cui non si rende neanche conto.

A sopravvivere saranno solo gli ultimi, quelli dimenticati, chi, nonostante tutto, è andato andati avanti per la propria strada. Eppure, non rischiando nulla perché la maggior parte delle band e degli artisti non rischia nulla, perché non cercare una propria strada?

Continuando così le cose centinaia di ottimi musicisti rimarranno continuamente schiacciati da un mare di mediocrità assoluto dove l’unico fine continuerà ad essere il voler suonare come qualcun altro. Che triste situazione. Eppure, pare, piace così.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *