Restituitemi il mio corpo
Capitolo 3
“Capitano – urla un agente facendo irruzione nell’ufficio semi buio – c’è stato un attentato nella zona ovest. Il quartiere è nel caos. Stanno bruciando i silos della Takeda Inc”. 102 piani si volatilizzano in un baleno. Dal suo ufficio si ritrova fuori a chiudere lo sportello dell’auto di servizio. La macchina con le sirene spiegate vola sull’autostrada. Al seguito i furgoni dei reparti speciali. “E’ già arrivato l’esercito sul posto – spiega il conducente – e hanno bloccato tutta la zona. Fino ad ora nessuna traccia degli attentatori. Non sappiamo bene in quanti abbiano agito. La tecnica è stata semplice – intanto l’auto si ferma davanti ai cancelli della Takeda. Quello che si para davanti al commissario mentre apre lo sportello è un vero e proprio picchetto d’onore. Lui ha la targhetta di riconoscimento, loro il lettore di retina – hanno minato quattro silos alla base distanziando le esplosioni in maniera tale che nessuno facesse in tempo ad anticipare le detonazioni e a capire cosa stesse accadendo. Dei lavoratori nessuno ha visto nulla di strano ma sono ancora sotto shock. Pare che siano entrati con un minuscolo aliante atterrando indisturbati dietro un deposito degli automezzi. Per non essere intercettati dalle telecamere si saranno aiutati con un sistema mimetico termo ottico. Impossibile stabilire la posizione di partenza del velivolo”. Sono all’interno del recinto. Gli hanno dato delle tute protettive e detto di non avvicinarsi troppo. Impossibile riuscire a trovare una sola traccia. “Dall’odore – dice il commissario – pare che abbiano usato esplosivo non in commercio. Il nostro non lascia residui nell’aria e quello militare non è così facilmente controllabile. Da verificare”. Miliziani con altri paramenti di sicurezza si aggirano per i piazzali dell’industria. Le camionette dei pompieri non hanno ancora arrestato la loro processione. “Ci vorrà un bel po’ di tempo per avere tutto sotto controllo. Hanno fatto un vero casino. E chi sa se abbiamo finito con le deflagrazioni. Stiamo controllando ovunque”. Il comandante dei vigili, faccia rosa dal caldo che fa un tutt’uno con la tuta, occhi scuri, capelli brizzolati e corporatura da uomo che si tiene costantemente in forma, mette al corrente Ryoko della situazione. “Non ci sono tracce o residui in giro – spiega ancora asciugandosi la fronte sotto il casco – e per ora non siamo riusciti a capire quante bombe siano state posizionate. Da quando siamo arrivati ad ora non ci sono state altre esplosioni”. Ryoko non smette di guardarsi attorno. Sibila ordini verso il luogotenente che immediatamente scatta verso un drappello di uniformi. Gli uomini si dirigono verso il recinto. “Dovranno pur essere usciti da qualche parte – si dice il commissario dietro gli occhiali protettivi – O sono ancora qui dentro”.