Ridatemi il mio corpo
Capitolo 8
‘Com’è possibile che nessuno si sia accorto e perché non sono stati controllati subito i palazzi?’ sbraita il capitano Ryoko togliendosi la giacca bagnata. L’ufficio dei responsabili della fabbrica chimica è abbastanza distante dalle fiamme per poter offrire un punto di appoggio e una base per le indagini direttamente sul campo. ‘Chi ha scoperto il corpo?’, chiede il milite sedendosi su una poltrona che delimita il passaggio per arrivare alla scrivania. Accanto a questa un divano e un tavolino basso di cristallo. Qualche quadro alle pareti, veneziane alle finestre che occupano tutta la parete che da sullo spiazzo principale e alcune piante ornamentali completano l’arredamento. Nessuna segretaria. ‘Lo hanno trovato i nostri uomini andati ad ispezionare l’edificio. Il sangue usciva da sotto la porta. Dentro, la solita carneficina. Questa volta sono stati portati via gli arti e…pare che la donna fosse in cinta…’. Un conato di vomito misto a rabbia segna la faccia di Ryoko. ‘In cinta? Bastardo….è la prima volta che fa una cosa del genere commenta quasi tra se recuperando fermezza’.
‘Non è finita’ prosegue il miliziano inviato per il rapporto. ‘C’è stato un intruso. Il detective Reevs. Non è riuscito a creare problemi. E’ stato bloccato immediatamente, ma è riuscito ad entrare nel perimetro e a dare un’occhiata nell’appartamento, anche se solo passandovi davanti’.
‘Non credere che sia così stupido da non aver registrato ogni particolare’ sentenzia Ryoko. Gli occhi chiusi per metabolizzare le nuove informazioni.
‘Non c’è tempo da perdere’. Si alza di scatto dirigendosi verso la porta. ‘Voglio immediatamente altri rinforzi. Elicotteri, unità cinofile, altri robot e i nuovi cacciatori. Dobbiamo riuscire a creare un imbuto. Non dobbiamo dargli altra scelta se non andare verso la vecchia centrale elettrica e cercare di guadagnare il mare. Speriamo che sia la strategia giusta. Magari ha ancora con se i pezzi sottratti al corpo e questo gli rallenterà certo la fuga. A questo punto sorge il dubbio che questo casino sia solo un diversivo per facilitare la fuga dell’assassino. Quando si è verificata la prima esplosione?’ chiede Ryoko dirigendosi verso la porta seguito a ruota dai suoi uomini. ‘Circa venti minuti fa’ replica un attendente infilandosi in cappello.
‘Bene. Possiamo dargliene dieci di vantaggio – il rumore della pioggia fa capolino dalla porta semi aperta – in dieci minuti a piedi dal cimitero che costeggia il palazzo non si può arrivare molto lontano e comunque il raggio che potrebbe aver coperto è tutto monitorato. Non credo sia tornato tra la gente. Sa che avremmo scoperto il corpo e che gli saremmo stati alle costole. Deve sentirci addosso. Ogni centimetro, ogni granello di polvere e goccia di pioggia deve essere controllato e ricontrollato. Fermate tutti i possibili sospetti. Chiamate l’esercito e i reparti speciali per farvi dare una mano. Ovunque sia deve sapere che non ha scampo. Se ancora non è uscito dalle mura della città deve essere costretto a farlo molto presto. Non dobbiamo dargli altra scelta. Dobbiamo fargli commettere un errore. Quello fatale. Mondate truppe, elicotteri e robot segugio a circondare tutto il perimetro della città fino a tre chilometri da qui. Lentamente dovranno convergere su questo palazzo portando con loro l’artefice di tutto questo’. Una folata di vento porta dentro l’odore del fuoco che ancora non si è fermato.
Mille pensieri attanagliano la mente del capitano. La pioggia non riesce a stare dietro alle congettura bagnandone solo alcune. ‘Sarà stato il killer a fare tutto questo casino? E’ una persona sola o la figura che ci è scappata nelle fogne è solo complice? E se invece non c’entrasse nulla?’. I passi lo hanno condotto seguito da una scorta di graduati all’appartamento del palazzone poco distante. Davanti all’ingresso un cordone di poliziotti tiene lontana la folla che ha iniziato ad aumentare. I soliti cronisti cercano di ottenere informazioni facendo le illazioni più fantasiose. Nell’ascensore i pensieri del commissario non si fermano. ‘Se è lui, perché non ha lasciato l’area dopo l’omicidio invece di rischiare di essere catturato infilandosi nella Takeda? Dopo tutto nessuno, come al solito, aveva visto o sentito niente. Sarebbe stato molto più semplice fuggire e basta. Avrebbe avuto più vantaggio su di noi. Di certo il corpo sarebbe stato scoperto molto più tardi se non fossimo stati attirati dalle esplosioni’. Le porte dell’elevatore si aprono. Un lungo corridoio con pavimento di moquette marrone guida il drappello fino all’appartamento incriminato. L’unico con la porta aperta e diversi poliziotti fermi all’ingresso. Il poliziotto imbocca l’uscio attraversando un rigagnolo di sangue ancora non rappreso. La vista della carneficina questa volta scollega i neuroni di Ryoko. ‘Non abbiamo toccato niente’, gli dice il sergente Creek avvicinandosi alla porta. Ryoko rimane immobile per alcuni istanti. Per la prima volta rimane paralizzato davanti al cadavere. Quando il cervello rientra in funzione la prima immagine che gli si para davanti non è quella di un appartamento le cui pareti sono imbrattate di un colore rosso scuro. La prima immagine è quella del corpo straziato della sorella dopo l’incidente che l’ha uccisa. Un pirata della strada l’ha travolta trascinandola per alcune centinaia di metri sull’asfalto. Ci sono voluti giorni prima che la striscia di sangue si cancellasse dalla strada.