Ridatemi il mio corpo
Capitolo 16
‘L’unica via d’uscita è continuare ad inoltrarsi nel bosco. Non credo abbiano avuto ancora il tempo per poter preparare delle trappole o dei posti di blocco così fitti ed estesi, contrariamente a quanto detto da quella stupida donna. Ma che ci faceva nel cimitero? Per ora solo gli elicotteri riescono a monitorare la zona’. Inamod prosegue la sua corsa perdendosi sempre più tra gli alberi di plastica. ‘Non sarà tanto – riflette velocemente – ma un piccolo riparo lo offrono’. Una lunga striscia d’asfalto avvolge il breve perimetro della foresta di plastica. Sotto la pioggia incalzante le camionette dei miliziani si fermano alla distanza pattuita. Quanto è sufficiente per creare una rete di posti di blocco e di passaggi obbligati pronti a richiudersi sul malcapitato. Robot rilevatori di endorfina sono a spasso cercando nel fango. ‘Maledetta pioggia – commenta il ranger responsabile dell’operazione bardato per l’occasione come un soldato dello shield – anche con i nostri droidi rende difficile il lavoro della rielaborazione della tracce. E’ difficile persino vedere le nostre stesse impronte, figurarsi quelle di un fuggitivo. Seguire gli odori è un vero problema pure per i nasi artificiali’. Le gocce d’acqua fluorescente battono sul viso del giovane che lentamente rallenta la corsa.
‘Non posso – si dice cercando di riflettere – andare ancora avanti alla cieca pur non avendo altra scelta. Il mio piano di fuga grazie a quella stupida donna è saltato’. In lontananza latrare di cani e urla di uomini sotto i caschi che impartiscono ordine allo stesso modo delle bestie che abbaiano. Rallenta senza fermarsi. Sprofondando nel buio maledice il giorno in cui ha rinunciato alla retina artificiale. ‘Me l’hanno anche offerta con tanto di programma aggiornabile. Ora tornerebbe utile per ispezionare la planimetria del bosco. Invece…’. L’impermeabile bagnato rende difficoltoso lo spostarsi. Toglierlo non gli pare una buona idea. ‘Non ho pensato ad un ‘piano b’ – si rimprovera nel tentativo di mantenere viva la lucidità – Va bene creare scompiglio, ma la reazione alla mia azione mi pare un po’ troppo’. La rete di miliziani strettaglisi attorno inizia a strozzargli il cammino. La notte accompagna quella che è diventata una fuga rocambolesca. Attorno solo gocce di pioggia e alberi forzatamente sempreverdi che si confondono con le carcasse della macchine. Al ticchettio della pioggia sulle lamiere si sovrappone lo scorrere di un fiume. ‘Sono arrivato lontanissimo dal mio punto di fuga’ pensa tra sé dirigendosi verso la sorgente del nuovo rumore. Sopra di lui luci di elicotteri e passaggi di mezzi aerei battono lo scorrere del tempo. La sensazione di essere perso inizia ad attanagliargli lo stomaco. ‘Secondo quello che posso vedere e, soprattutto, immaginare – pensa non smettendo di avanzare, le gambe iniziano a cedere alla stanchezza faticando a liberarsi dal fango – non dovrei essere lontano dalla vecchia centrale elettrica. Sono fottuto’. Lo sguardo, non perdendo di vista il sentiero mentale che lo conduce via, spazia in cerca di una via alternativa. ‘Stanno per darmi scacco matto – si dice – ci sono cascato come un principiante. Tutta colpa di quella donna. Mi ha sconvolto tutti i piani in un batter d’occhio. Volevano che arrivassi fino a qui e sono riusciti a farmelo fare. Non resta che studiare una strategia al volo e combattere nella speranza che gli eventi mi portino qualcosa di buono’.