Scrivere testi in italiano è sempre difficile (si ribadirà ogni volta che sarà possibile). Di più quando si cerca di rendere musicali esperienze ‘comuni’, quotidiane in un genere che cammina sula lama del rasoio del jazz. Difficile, ma non impossibile, come dimostra questo Isola della cantautrice Caterina Comeglio. Il mood è quello morbido del jazz raffinato, di classe. Brani lenti, melliflui, morbidi, notturni. Arrangiamenti minimal e strumentisti di alto livello che costruiscono un tappeto sonoro davvero notevole.
Ci sono anche strizzatine d’occhio a paesaggi più ‘pop’ e radiofonici, ma costruiti sempre con grande dovizia. Tuttavia ciò che più colpisce della nostra sono due aspetti. I testi, appunto, e le linee vocali. Tante volte si dice che la voce viene utilizzato come strumento in più. Ebbene questa ne è una ennesima dimostrazione.
Alle parole, non che non siano importanti, come vedremo, si sostituisce il loro valore ritmico e il suono. Tutto grazie all’ugola della cantautrice. I testi, si diceva, sono la parte forte del disco. Sono narrazioni di tutti i giorni, intime, di esperienza vissuta. Soprattutto situazioni in cui chiunque si può rivedere. Un altro punto a favore è il modo con cui vengono narrate. Leggero, delicato. Non superficiale.
Per avere una linea stilistica si potrebbe dire che l’autrice è un mix tra Mina, Ornella Vanoni e Jevetta Steele, come interpretazione e stesura di testi.
Se si vuole trovare un neo, non è nella musica. La copertina non rende giustizia al contenuto ed è fuorviante. Detto ciò, nulla cambia.
In conclusione, un disco raccomandato a chi ama atmosfere notturne, rotonde, morbide, senza nessun tipo di eccesso.