Un disco che fa viaggiare questo Nebbia degli Ologram. Fa viaggiare in molteplici direzioni. Da un punto vista strettamente musicale fa andare indietro nel tempo, per certi versi, ai fasti del prog nostrano di fine anni ’70 inizio anni ’80. Particolarmente forte è il debito verso la PFM che fa sentire la propria presenza in diverse sezioni. Fa poi viaggiare con le melodie e i suoni.
Da questo punto di vista i riferimenti sono band del calibro di Pink Floyd, King Crimson e via discorrendo. Avendo dei riferimenti così alti, viene da sé che stiamo parlando di un ottimo prodotto. I suoni sono adeguati, puliti, trascinanti. Non c’è eccesso di distorsione o virtuosismi non richiesti. Anzi. L’accortezza è sempre rivolta alla melodia, alla narrazione. Il cantato in italiano aiuta ad immergersi nelle atmosfere descritte dagli strumenti. Nessun movimento barocco non significa nessuna ricercatezza. Tutt’altro. La ricerca c’è a livello compositivo con repentini cambi, accelerazioni, rallentamenti.
Non si sente la mancanza di sciorinate di note alla velocità della luce. Se vogliamo, una pecca in produzione possiamo riscontrarla nella voce che in diversi momenti resta un po’ troppo sotto la base strumentale penalizzando il lavoro del cantante. Il viaggio poi continua nella musica più contemporanea con passaggi che richiamano i Timoria di Viaggio senza vento e l’inserimento di synth. Molto belli i passaggi acustici che donano tinte più tenui, più luce all’insieme del cd.
Quello degli Ologram non è un lavoro facile da assimilare, seppur melodico. Di primo acchito appare pesante, arzigogolato. L’impegno della sezione ritmica è notevole creando tappeti non semplici da seguire. Alla lunga, però, ovverosia dopo il decimo ascolto almeno, se ne inizia ad apprezzare la complessità. Per essere capito del tutto ha bisogno di tempo e ascolti dedicati. Indicare un brano sugli altri non è facile. Si sfocia nei gusti, nella sensibilità personale. Se dovessi trovare un brano da segnalare direi Rotta verso est. Lo sceglierei perché eterogeneo, mai lineare, con inserimenti inattesi, atmosfere eteree che si alternano a momenti più ‘terreni’. Ma, ripeti, si tratta di sensibilità personale.
In conclusione.
Questo nebbia è un ottimo lavoro. Pur rimanendo nei confini del genere spazia e assorbe più influenze, come prog vuole. Ben suonato, abbastanza ben prodotto. Non si perde nel marasma generale perché con quelle sue sfumature vintage abbinate ad un gusto contemporaneo riesce ad avere un carattere proprio. Come un buon vino non si beve tutto d’un fiato, ma va assaporato sorso dopo sorso degustandone l’aroma, il profumo, il retrogusto, così questo disco non va ascoltato distrattamente.