Dare forma musicale ad opere letterarie è una vera e propria impresa. Comunque le si possa interpretare, le canzoni saranno sempre visioni personali di un qualcosa di già di per sé immaginifico. Ad Andrea Ruggeri, quindi, va già il plauso a scatola chiusa per aver realizzato un’opera di tal fatta. Nello specifico, Ruggeri, ha preso le città invisibili di Italo Calvino e gli ha dato ‘corpo’. Per farlo si è servito dell’ausilio di 13 musicisti. Il risultato è un disco che passa da un genere all’altro senza il minimo cedimento o discontinuità. Il nostro nocchiero è un percussionista e in un certo senso si sente.
Ossia, la parte percussiva domina per tutti gli strumenti. E dove non è così presente fa spazio a dilatazioni, suoni lunghi e riverberati. Volendo dare un’indicazione stilistica, ma solo un’indicazione, potremmo parlare di musica sperimentale. Solo perché non ci sono categorie che possano riassumere l’unione di jazz, musica da camera, musica tradizionale, semplice musica acustica. O forse no. Un elemento stilistico diretto c’è, per quanto distante: Frank Zappa. Per la continua modifica dei brani, per le atmosfere, per le armonie, la perizia tecnica, Zappa è il solo che possa dare un riferimento ‘ poprock’.
Di certo nella musica contemporanea e per gli addetti ai lavori ce ne saranno molti altri. Potrebbero tornare alla mente Stockhausen, no così estremo, o gli smembramenti degli Area. Ma per i comuni mortali il nome di riferimento è del compositore Statunitense. Anche i testi ‘non aiutano’. Ossia, sono parole prese dall’opera di Calvino, ma sono vocalizzate. Quindi tendenti a formare più un tappeto di note che una narrazione vera e propria.
Alla luce di tutto ciò, descrivere i brani diventa davvero complesso. Si dovrebbe essere dei compositori per potersi addentrare nelle sicure prelibatezze dei solchi. Per noi comuni mortali resta solo il perdersi tra le note, le percussioni, le atmosfere, e lasciare la fantasia libera di creare immagini. Al di là degli scritti cui l’autore si riferisce. Diversamente potrebbe essere difficile avere la medesima visione della città invisibili. Se no, non sarebbero invisibili.
In conclusione: un disco per nulla semplice, da ascoltare e riascoltare infinite volte senza la presunzione di trovarne il bandolo. La sola cosa che conta è proprio questa, lasciar fluire le note, chiudere gli occhi, lasciarsi trasportare per le vie di mondi certamente fino a quel momento sconosciuti alla nostra mente. Che siano le città di Calvino o meno.