stargenesis

Facciamo una premessa. Distress call from earth degli Stargenesis ha due basi di lettura. Una dice che è un ottimo disco, l’altra che è un disco discreto. Vediamo nello specifico. La prima base affonda le radici in quel segmento di metal aperto dai Queensryche, in particolar modo con i due capolavori Empire e Operation mindcrime. A tutto ciò si aggiunga una buona dose di aor di classe in scia a band come Fair Warning, Emerald Rain, Melodica.

Risonanze che nel disco del nostro fanno sentire il loro peso, nel senso positivo. Tecnica, pulizia dei suoni, ottimo utilizzo della voce, dei cori, struttura dei brani complessa quanto basta. Quello che ne risulta è un ottimo disco di hard rock/metal. Potente, ben calibrato, ben suonato e prodotto. Il deus ex machina del progetto, Michele Vissani, ottimamente se la cava con la sei corde. Gusto, feeling, passione, nessuna sbrodolata di note fuori luogo. I brani al proprio interno hanno interessanti alternanze di chiaroscuro, piano, forte, crescendo che li rendono più che interessanti.

La seconda base, invece, segnalata dalla band stessa come orientamento, pone il disco qualche gradino sotto. Ossia: la band si definisce progressive. Letto da questo punto di vista il disco perde valore. Non ha infatti né la struttura né la tecnica nè la complessità ‘architettonica’ del genere. Ci sono passaggi che richiamano il prog, ma sono passaggi. Se messo sullo stesso piano di band propriamente del genere ne esce un confronto impari, penalizzante verso quello che invece è un buon prodotto.

Le reminiscenze ritmiche proprie del prog non bastano a far entrare il lavoro in quel settore musicale. Possiamo cercare in qualsiasi nicchia progressive, ma non c’è nulla da fare. Se invece i passaggi che vorrebbero essere progressive li si legge da un punto di vista hard rock/metal, diventano ottime progressioni, belle intuizioni, fraseggi che aiutano il full lenght ad elevarsi sulla media di produzioni analoghe. Prova ne è Bad propaganda. Cavalcata metal dal riffing deciso e non scontato.

Discorso a parte meritano le ballate diverse quelle presenti nel disco. È risaputo che le ballate metal siano tra le migliori proposte. Gli Stargenesis tengono fede a questa premessa. Intense, ottimamente arrangiate, coinvolgenti. Tutto quello che serve per un lento di successo. I suoni si fanno più morbidi anche per le chitarre che abbandonano gli overdrive per dei crunh appena accennati.

Scelta che dona quel sapore bluesy toccante, viscerale. Tra le diverse pubblicate spicca What if. Arpeggio etereo, degno dei migliori Pink Floyd, bell’utilizzo delle voci. Il crescendo porta su un versante più hard rockeggiante richiamando brani più spiccatamente anni ’80. L’incedere del brano vede l’inserimento di sempre più strumenti che vanno a formare l’arrangiamento completo. Molto ben fatto.

In conclusione.

Un buon prodotto quello degli Stargenesis con tutti i crismi per poter essere nelle discoteche sia degli estimatori del metal moderno, sia di chi non è uso andare su certe sonorità ma apprezza la melodia e la buona musica. Chi invece si aspetta un prodotto progressive potrebbe rimanere deluso nonostante i richiami ai Rush presenti in A dream of a new hera. Un disco da godere in totale serenità. Canzoni che possono accompagnare lunghi viaggi verso le vacanze così come giornate intense dando la giusta carica.

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