In questa intervista, Leonardo Ciccarelli, bassista degli Ibridoma, spiega come è arrivato nella band, il cammino discografico del combo e il nuovo disco. Racconta anche aneddoti della vita on stage e come il far parte della band gli abbia cambiato la vita. Tutta da leggere.
Una presentazione per chi non vi conosce.
Possiamo dire siate dei veterani del movimento metal e rock italiano, secondo la vostra esperienza, come si è evoluto, sia a livello qualitativo, sia quantitativo?
Ciao a tutti, noi siamo gli Ibridoma e veniamo dalle Marche. La band è nata nel 2001 da un’idea del batterista Alessandro Morroni. Per completare la formazione ha chiamato Christian Bartolacci alla voce, Lorenzo Petrini al basso, Pietro Alessandrini alla chitarra solista e Simone Mogetta alla chitarra ritmica. Questa formazione ha prodotto il primo EP “Lady of darkness”. Dopo alcuni anni Pietro decide di lasciare la band cedendo il posto a Marco Vitali. Con lui registrano nel 2006 “Page 26”.
Anno 2008, anche Lorenzo lascia il ruolo di bassista a me (Leonardo Ciccarelli). Nel 2010 pubblichiamo il nostro primo album, l’omonimo “Ibridoma”. Arrivati al 2012 pure Simone lascia cedendo il posto di chitarra ritmica prima a Daniele Monaldi, presente su “Night club”. A lui subentra Sebastiano Ciccalè. Sebastiano è entrato prima come session per registrare “Goodbye nation” (2014), ma è rimasto ufficialmente con noi fino al 2021. Con lui abbiamo registrato gli album “December” (2016) e “City of ruins” (2018). Purtroppo l’anno scorso anche Sebastiano ha lasciato il gruppo per dedicarsi maggiormente ad atri progetti personali.
E’ stato degnamente sostituito da Lorenzo “Fiskio” Castignani, che, nonostante la giovane età, si è dimostrato più che capace, dimostrandolo nel nuovo album “Norimberga 2.0”.
Sesto disco, come vi sentite cambiati? Cosa avete imparato strada facendo?
Sicuramente ci sentiamo più maturi. In fondo abbiamo iniziato che eravamo tutti abbastanza giovani. Adesso alcuni di noi sono padri di famiglia. Nonostante tutto la voglia di suonare è rimasta la stessa degli inizi. L’esperienza ci ha permesso di migliorare molto, sia dal punto di vista musicale che professionale.
Doveste iniziare adesso, scegliereste un genere diverso?
Probabilmente no. Facciamo questa musica semplicemente perché è il genere che amiamo maggiormente, indipendentemente da quanto possa essere popolare. Se dovessimo fare qualcosa che non ci piace difficilmente riusciremmo a rendere bene anche dal vivo e molto probabilmente lasceremmo perdere quasi immediatamente.
Il rock, e il metal in modo particolare, è morto?
Proprio morti no, ma di sicuro hanno dovuto cedere qualche passo in favore di altri generi nel corso di questi ultimi anni. Bloccando i concerti a causa del covid, rock e metal hanno avuto una diffusione minore rispetto al pop e ad altri generi che bene o male vengono tramessi più diffusamente.
I vostri testi prendono spunti dall’attualità, anche, sono il risultato di un collaborazione corale o vengono scritti solo da uno di voi?
Nonostante tutti quanti contribuiamo alle tematiche delle canzoni i testi vengono scritti quasi esclusivamente dal nostro cantante Christian Bartolacci. Il resto di noi si trova più a suo agio ad esprimersi attraverso lo strumento piuttosto che a parole.
Un momento particolarmente divertente della vostra lunga esperienza live?
Una scelta davvero difficile. Ogni volta che si parte per qualche data praticamente torniamo peggio dei ragazzini delle superiori che vanno in gita. Comunque quello che ricordiamo più divertiti è stato il soundcheck prima del nostro concerto a Mosca di spalla ai Sabaton. C’era il fonico che correva dietro al nostro cantante che, per testare il microfono wireless che gli avevano dato, andava saltellando e correndo in giro per tutto il teatro.
Il vostro ultimo lavoro sta avendo un ottimo riscontro, ve lo aspettavate?
Onestamente speravamo che andasse bene, ma non immaginavamo fino a questo punto. Siamo entusiasti dei risultati che sta ottenendo. Siamo molto grati a tutti coloro che ci stanno supportando e apprezzando. Speriamo di poter fare meglio anche con i lavori futuri.
Avete fatto da supporto a diversi big. Una band per la quale vi piacerebbe aprire oggi, qual è?
Indubbiamente la risposta è la stessa di quando abbiamo iniziato, Iron Maiden tutta la vita. E’ la band che praticamente ci ha spinto tutti ad iniziare a suonare e che ancora oggi ascoltiamo almeno un paio di volte al giorno.
Un consiglio, o un punto di vista, ai giovani che vogliono intraprendere la carriera musicale?
Al giorno d’oggi intraprendere la carriera musicale è dura, soprattutto per il fatto che con i social sono praticamente “tutti sul mercato” per così dire. L’unico consiglio che ci sentiamo di dare a chi voglia diventare musicista professionista è quello di ascoltare di tutto e di cercare di essere il più versatile possibile. Magari potrà non essere essenziale, ma di sicuro agevola parecchio.
Avete artisti di riferimento la cui carriera e il cui lavoro ancora vi stupisce?
Artisti di riferimento ne abbiamo a tonnellate. Partendo dai già citati Maiden fino ad arrivare a Korn, Megadeth, Six Feet Under, Bon Jovi, Fear Factory e molti altri. Effettivamente che ad oggi ci hanno stupito sono gli Skid Row, devo dire che il loro ultimo lavoro a nostro parere è davvero notevole.
Anche se non suona come un prodotto italiano, quanta italianità c’è nel vostro disco?
Di italianità, almeno secondo noi, ce n’è parecchia. Soprattutto nei temi trattati, anche perché la maggior parte delle nostre canzoni tratta temi che riguardano in particolar modo la nostra società ed il nostro paese. Ovvio che alcuni argomenti sono tranquillamente applicabili ad altri paesi, ma il nostro primo pensiero riguarda l’Italia.
Una domanda che non vi hanno mai posto ma vi piacerebbe vi fosse rivolta.
Una domanda che non ci hanno mai fatto è stata “Quanto la musica ha cambiato le vostre vite?”. La risposta sarebbe: parecchio. Il nostro chitarrista Marco Vitali, con la musica ci lavora a tempo pieno. Il resto di noi, comunque, ha praticamente sviluppato più o meno la propria carriera e la propria vita privata in funzione di supporto e sviluppo della band.
Se foste voi ad intervistare, ipotizzando di avere a disposizione anche una macchina del tempo, chi intervistereste e cosa gli chiedereste?
Davvero una bella domanda, forse David Bowie, ma piuttosto che un’intervista preferirei una bella chiacchierata davanti ad una bella birra. Probabilmente finirei per chiedergli com’è stato vivere la musica dagli anni ‘60 in poi, ignari di stare scrivendo la storia della musica moderna.
Un saluto e una raccomandazione a chi vi legge
Un ringraziamento a tutta la redazione di Tempi Dispari per lo spazio concessoci. A tutti i lettori che sono rimasti con noi fino alla fine di quest’intervista. Aspettiamo di rivederci ancora a qualche concerto sia come artisti che come fan.
Stay Metal _\m/