Tante volte scegliere se cantare in inglese o in italiano può essere impresa ardua. Scelgo la mia lingua perché sono più a mio agio, con tutto quello che ne consegue, o vado sull’idioma straniero? C’è poi chi apre una terza via: utilizzarle entrambe. Non solo, utilizzarle entrambe nello stesso brano, non nello stesso disco. Questo è Claudio Orfei con il suo recente My wonderland. Il brano, anche per le due diverse lingue, non è ascrivibile al solo cantautorato italiano. La scelta di orfei è stata molto intelligente. Sono due i personaggi che si confrontano nella canzone. Da una parte la voce narrante, nostrana. Dall’altra il protagonista della storia narrata, in inglese. A sottolineare le differenze tra i due personaggi c’è anche un cambio ‘stilistico’ del brano. Infatti come background la voce narrante ha arrangiamenti essenziali. Il protagonista, invece, orchestrazioni più complesse. Molto azzeccato, al di là dei protagonist, è l’utilizzo della voce. Sempre carezzevole, mai urlata, anche se differenziata. Un a considerazione particolare merita lo spcial prima dell’ingresso del secondo personaggio. Un momento in cui il cantato si fa strumento. Non ci sono parole, né vocalizi. Ci sono sillabe percussive. Un po’ modello Lucio Dalla dal vivo. Molto interessante e inatteso. Per quel che riguarda il testo la canzone è la descrizione dello stato di disagio di un individuo perso nella propria confort zone. Area che è diventata una prigione dorata da cui evadere per scoprire il mondo.
Come sempre un brano non è indicativo per un punto di vista completo. Si può però dire che il progetto è di sicuro interesse. Se le premesse verranno mantenute, si dovrà aspettare fino al 23 febbraio per poterlo dire, ci si trova di fronte ad un disco da ascoltare con molta attenzione.