Indipendente va bene, ma se è rock è meglio.
Il titolo potrebbe sembrare un po’ provocatorio e, forse, un pochino lo è. Fatto sta che esistono dei riscontri oggettivi che lo hanno fatto nascere. Questi li possiamo ritrovare facendo semplicemente un giro tra i gruppi che supportano la musica indipendente. I gruppi dove si parla di rock sono decisamente più attivi. Non tutti, certo, e non tutti allo stesso modo. Ma sono in ogni caso tra le realtà più vive. Da che dipende non è dato sapere. Fatto sta che è così. E questo lo si evince semplicemente dai post, dalle risposte poste sotto di essi, dalla tipologia di materiale pubblicato.
Non c’è un obbligo ad essere ‘attivi’ sui social, è evidente. Tuttavia, dato che sono diventati uno dei canali principali attraverso cui gli artisti si fanno conoscere, essere attivi non è male. Anzi. Forse la mancanza di risposta può dipendere da una mancata presa di coscienza. Ancora molte persone non sono ben consce del fatto che senza il loro apporto gli artisti non possono crescere. E per farne crescere la popolarità il solo modo è parlarne, commentare, diffondere. La lotta per la sopravvivenza artistica è già di per sé impari. Le possibilità che hanno le major sono imparagonabili con quelle del nostro mondo.
Tuttavia noi abbiamo un fatto x che loro non hanno: noi stessi. Il pubblico, gli ascoltatori. Ogni tanto si ha idea che molti non spendano perché sono talmente grandi conoscitori che non si sprecano certo in certe sciocchezze. Eppure sono esattamente tali sciocchezze che aiutano. Chiariamo un punto. Purtroppo per noi l’apaticità colpisce molte più persone di quello che potremmo pensare o che ci potremmo aspettare. Diversi giorni fa Enrico Silvestrin, rinomato personaggio del mondo della musica, ha lamentato un avvenimento. Egli ha un canale Patreon sul qual pubblica contenuti esclusivi per gli iscritti. Ebbene, diceva, non basta neppure il fatto di aver speso dei soldi a far si che le persone partecipino ai programmi in diretta. E se accade a lui che ha il nome, figuriamoci agli altri che non sono nessuno.
Eppure, io credo, che esista un modo per scardinare questo grimaldello. Si chiama dialogo. Certo, se io mi dovessi porre come entità superiore rispetto a chi segue TD, partirei con il piede sbagliato perché non dialogherei. Farei una lezioncina. E di certo gli studenti avrebbero da insegnarmi moltissime cose. L’underground è un dialogo costante. Non c’è nessuno che ne sa più di un altro. Il nostro mondo è talmente sterminato che è impossibile conoscerlo tutto. Quindi non esiste una parte superiore ad un altra. Questo in teoria. Nella pratica le cose vanno diversamente.
La realtà ci dice che troppi, come sopra detto, sono i soggetti passivi. Pochi sono le persone che si spendono, che conoscono la propria valenza nel contesto sotterraneo. Che non è solo postare video. È parlare con gli altri. Ecco, questo nel rock accade più spesso che in altri generi. Se si parla di metal la cosa cresce a livelli esponenziali. Poco invece succede in un contesto più cantautorale. Poco si parla dei cantautori di nuova generazione. Eppure ce ne sono di validissimi. Di sicuro vale il detto, ad ognuno il proprio pubblico. Fino ad un certo punto però. E qui si deve fare uno sforzo di astrazione.
Si deve vedere la musica come modalità espressiva a tutto tondo. Vista in quest’ottica la nostra passione assume una valenza diversa. Soprattutto ci dà la possibilità di poter conoscere e far conoscere artisti di tutti i generi. Certo, esiste la soggettività. A me una canzone può non dire nulla, al mio vicino invece fa impazzire. La domanda quindi è: perché questo lo si applica con i generi estranei e non con il proprio? Perché si danno giudizi di valore quando si è convinti che la soggettività vince?
Forse perché, in fondo, si sa che non è solo una questione di soggettività. Si percepisce che possono esistere dati oggettivi prima del mio gusto personale. Alcuni lavori cantautorali sono di altissimo livello e chi ama il rock è un peccato non li conosca. Anzi. Certe volte chi ascolta rock preferisce ascoltare e riascoltare mille volte le stesse band piuttosto che azzardarsi ad ampliare i propri orizzonti. Ebbene, viene da sé, questo non ci aiuta. Non aiuta gli artisti a farsi conoscere. La soluzione? Cercare di non avere vincoli, preconcetti, chiusure, abbracciare tutta la musica.
Quelle che non piace o che oggettivamente non ha nulla da dire, cadrà da sé. Ancora, essere presenti e partecipi. Dobbiamo sempre ricordare che l’underground siamo tutti noi. Nessun è più o meno underground di un altro.