Dirty, rotten, rebel! Così possiamo definire il lavoro dei Loyal Cheaters, Long run…all dead! Un disco di hard rock contemporaneo con reminiscenze di inizi anni ’80. Tenendo presente chi guida la band i riferimenti vanno alle Runaway di Joan Jet e Lita Ford. Ma lo stile dei nostri è decisamente più aggressivo. È un po’ come se la band della Jet si fosse fusa con i Quiet Riot però con una corazza swedish street. Un mix esplosivo. E esplosivo è il risultato. Diretto, senza arzigogoli. Grezzo nel senso più rock and roll del termine. Ottima la produzione che ha saputo conservare la potenza della band. I suoni sono pastosi quanto basta per creare un muro di sicuro impatto nei live. La voce è ben inserita nel contesto.
A proposito di quest’ultima va evidenziato il tono davvero sleazy, strascicato il giusto, dall’attitudine punk quando si alza. Proprio il punk è un altro aspetto che i nostri devono aver tenuto presente. Diverse, infatti, sono le influenze derivanti anche da questo stile musicale. Punk puro, punk and roll se si vogliono trovare sfumature. La tecnica non fa difetto ai nostri. Nessun manierismo, nessun a solo funambolico, ma il gusto di fare la cosa giusta al momento giusto. Una menzione va al basso.
Questo maggiormente spicca per la sua possente presenza, giri armonici dinamici che non si limitano a seguire la cassa della batteria. Macina note su note che rendono il tappeto ancora più impattante e pieno. Si ascolti il singolo Me, myself and I. All’interno del disco non mancano gli omaggi a quelli che devono essere i riferimenti dei Loyal Cheaters. La prima cover è Lock Up Your Daughters degli Slade. Un ottimo lavoro considerando che il riferimento era assolutamente di valore. I nostri sono riusciti ad ottimizzare ancora di più la canzone. L’hanno resa più potente, più punk pur rispettandone la struttura generale. Il secondo omaggio è Surrender dei Cheap Trick. Su questa mi permetto di dire che, dal mio punto di vista, l’hanno resa molto meglio dell’originale. Certo, periodi diversi, suoni diversi, ma l’intenzione è rimasta la stessa.
E questa è stato fondamentale per la buona riuscita della cover. Ma non sono gli unici riferimenti che si possono ritrovare. Possiamo sentirci richiami ai Kiss più ‘duri’, agli Wasp più marci, i Motorhead e molto altro. Tutto a base hard rock. Un track by track a poco servirebbe. Il disco è talmente immediato che sarebbe inutile rovinare il piacere dell’ascolto con la descrizione dei singoli brani. Immediato, come accade in altre circostanze, non significa banale. Vuol dire solo che lo si assimila molto velocemente. In ogni caso non in un solo ascolto. Immediato o meno, gli anfratti all’interno delle canzoni ci sono e vanno scoperti e assaporati. Per farlo occorre tempo. Magari non tanto, ma serve. Una canzone che mi ha colpito è stata senza dubbio Money and shame, in particolar modo per il break centrale e l’andamento non lineare. Ma sono gusti personali.
Trattandosi di un’opera prima non manca qualche pecca. C’è qualche tentennamento in alcuni passaggi, in particolare quelli all’unisono. Ma si tratta di peccati veniali non tolgono assolutamente nulla al valore complessivo del disco. Anzi, se proprio vogliamo dirla tutta, lo rendono più rock, più vero.
Concludendo: ottimo lavoro quello dei Loyal Cheaters. Come detto in introduzione, sporco, marcio e ribelle come deve essere il rock and roll. E i nostri sono perfettamente fedeli al concetto. Un disco adatto a tutti. Sia ai fans della musica più estrema sia ai rockettari incalliti. Entrambe possono trovare soddisfazione in un lavoro che ha come prima caratteristica quello di essere onesto, diretto, e di non accettare compromessi.