wedding kollektiv

Il Wedding Kollektiv è un progetto musicale sui generis, interessante, soprattutto, stimolante. Va a toccare quelle che sono corde sensibili e tensioni intellettuali. Inestricabilmente unite. In questa intervista si raccontano. Spiegano come è nata l’idea, come si è sviluppata, dove li ha portati. Soprattutto parlano della loro visione della società e del mondo che ci circonda. Un’intervista tutta la leggere.

Una presentazione per chi non vi conosce

Il Wedding Kollektiv è un progetto musicale nato a Berlino nel 2017 da un’idea di Alessandro Denni. Del gruppo fanno parte in pianta stabile oltre ad Alessandro Denni anche Tiziana Lo Conte, Inke Kuehl e Claudio Moneta. Attualmente agisce tra Berlino, Roma e Torino.

Il vostro è un progetto molto particolare. Come è nata l’idea?

Scriviamo, produciamo, suoniamo musica da decenni. La particolarità, la non facile omologabilità della proposta musicale de Il Wedding Kollektiv è assolutamente conseguenziale al nostro modo di intendere l’espressività musicale.

La direzione intrapresa, un caso, una scelta, una necessità?

Sicuramente non un caso, una scelta derivante dalla sempre presente necessità di esprimere le nostre idee musicali senza nessun compromesso.

Il vostro disco è ricco di contenuto. Pensate che le persone abbiano maggior bisogno di pensare?

Ci sarebbe bisogno nel mondo, in questi anni, di un pensiero piu’ libero e piu’ colto, se vogliamo piu’ politico. Non c’è, è un dato di fatto, ma le nostre canzoni non partono dal presupposto di combattere questo stato dell’umanità.

Che cosa manca secondo voi alla musica di oggi e a chi la ascolta?

In tutto il mondo viene prodotta un’infinità di musica, spesso bellissima, spesso mediocre ed inutile. Crediamo che la funzione di bussola che la critica musicale (ed in generale artistica) ha avuto fino ad una ventina di anni fa andrebbe di nuovo messa in azione. Ecco, pensiamo che la vera mancanza nel mondo musicale di oggi sia una critica severa, colta, ed impegnata.

Nel vostro lavoro non si evincono limiti di genere. Le etichette a che cosa sono utili?

Noi amiamo la sovrapposizione di stili, essa è da sempre la nostra cifra stilistica ma non disdegnamo chi fa musica meno varia e piu’ facilmente catalogabile. In ogni tipo di approccio alla composizione e alla scrittura può esserci del buono, le etichette servono ad orientarsi, poi dipende dalla curiosità di ognuno andare oltre esse.

Da cosa prendete spunto per scrivere una canzone?

Da storie vissute che ci piace raccontare in musica.

Come fate a trasformare le emozioni in musica?

L’emozione è un punto di arrivo piu’ che di partenza. All’inizio del processo creativo di solito c’è un’idea, una storia da raccontare piu’ che un’emozione.

La parte più difficile del momento creativo?

Il giorno il cui arriva il disco stampato a casa, si vorrebbe buttare tutto e ricominciare da capo.

L’uomo è un animale di che tipo…?

Egoista

Il vostro disco si ascolta tanto con i sensi, con il cuore. Era quello che avreste voluto?

Si. Facciamo musica per comunicare con altri esseri umani, quindi se chi ascolta quel che facciamo ne rimane emozionato e coinvolto, e magari ci racconta di queste sue sensazioni, siamo molto soddisfatti.

La vostra è arte nel vero senso della parola. Oggi che cosa vuol dire essere artisti?

Dover fare un lavoro che permette di guadagnare denaro, che non è arte.

Ieri l’arte aveva anche uno scopo sconvolgente, dirompente e di critica. Oggi?

Durante lo scorso secolo abbiamo avuto la fortuna di assistere alla nascita e allo sviluppo di una serie di movimenti artistici di critica, rottura, avanguardia. Non è sempre stato così in passato (quando la sopravvivenza degli artisti era per la maggior parte nelle mani del mecenatismo) e sembrerebbe non essere così anche in questa prima parte del ventunesimo secolo, ma per verificare cosa è l’arte oggi occorrerà attendere qualche anno.

Il vostro lavoro è trasversale, perché?

Ci piace proporre lavori che pur essendo alla base musicali vadano oltre, in modo che chi ci ascolta possa avere nelle mani non solo musica ma anche oggetti che possano essere goduti non solo con le modalità veloci tipiche di questi anni.

Ieri l’idea, oggi il disco, e domani...

Dopo aver prodotto tre mini LP in 4 anni stiamo lavorando, con la nostra solita lenta tempistica, ad un 45 giri a tema, due pezzi con un argomento ben preciso. Contiamo esca in autunno.

Una domanda che non vi hanno mai posto ma vi piacerebbe vi fosse rivolta?

Ci piacerebbe ci fossero chieste piu’ spesso notizie sugli arrangiamenti delle nostre canzoni.

Se foste voi ad intervistare, ipotizzando di avere a disposizione anche una macchina del tempo, chi intervistereste e cosa gli chiedereste?

Intervisteremmo David Byrne e Brian Eno chiedendo loro come hanno concepito e poi realizzato tecnicamente ‘My life in the bush of ghosts’.

Un saluto e una raccomandazione a chi vi legge

Tempi dispari sta facendo un gran bel lavoro nel campo della critica musicale underground, grazie mille per il vostro entusiasmo. L’invito è quello di seguire il Wedding Kollektiv su Bandcamp, dove è possibile ascoltare tutti i nostri lavori, e acquistare le copie in vinile o cd degli stessi. A presto!

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