Fino ad ora credevo fosse impossibile anche solo pensare che gli Extrema sarebbero riusciti a produrre un disco che potesse competere con Tension at the seams. E invece è successo. Non solo è accaduto, ma l’album in questione potrebbe anche superare il suo incredibile predecessore. Headbanging forever, questo il titolo del lavoro in questione targato 2019, è un disco che può essere definito in un solo modo: incredibile.
Parlare di band in grande spolvero, per utilizzare una terminologia calcistica, è riduttivo a dir poco. Dobbiamo parlare di un gruppo in piena maturità. Sotto tutti i punti di vista. In particolar modo tecnico e compositivo. Tutto il lavoro è un costante pugno nello stomaco. Tanto più forte quanto intricata è la struttura dei brani. Ed è molto intricata, pur mantenendo una certa immediatezza.
Ciò che davvero sorprende è la sezione ritmica, in particolar modo la batteria. Un crostone di roccia che si è staccato dalla cima del K2 e sta rotolando inarrestabile verso valle travolgendo tutto ciò che trova dinnanzi al proprio cammino. Impossibile trovare altre immagini che ne possano descrivere l’impatto. E se il drumming è questo, gli altri strumenti non sono da meno. La chitarra di Massara non lesina fendenti, cambi di passo, a solo velocissimi, scale ricercate. Il basso non fa mai mancare il proprio apporto per la creazione di un wall of sound degno di uno schiacciasassi. Davvero notevole la performance della voce.
A metà strada da un cantato pulito e uno scream molto hardcore, prediligendo la prima soluzione. Quindi melodia, ritornelli orecchiabili. Stilisticamente potremmo inserire il lavoro nel filone thrash discendente diretto dei migliori anni ’80. tuttavia non si renderebbe il giusto tributo ad un disco che ha dell’incredibile. Prendete i capofila del genere nel momento in cui hanno deciso di suonare il più velocemente e nel modo più pesante possibile, mescolateli, aggiungete influenze diverse, eterogenee che vanno dal funky all’hardrock passando per un pesantissimo stoner con spruzzatine grunge, e avrete il disco degli Extrema.
I cambi all’interno di ogni singolo brano sono talmente tanti, repentini, veloci, da rendere impossibile un track by track. Quindi cercherò di dare un’idea complessiva del disco. Uno dei brani che meglio lo rappresentano è Pitch black eyes. Non è la canzone più potente o più veloce.
È la canzone più eterogenea. Ad un inizio lento, claustrofobico, fa seguito una ritmica, in mid tempo, incalzante, inarrestabile. Riff circolari accompagnano il cantato ora narrativo ora urlato. I cori perfettamente accentuano i passaggi salienti. L’alternarsi di rallentamenti e passaggi veloci è davvero incredibile.
Il ritornello è veloce, quasi hardcore. Terzine di chitarra complicano l’andamento che si pare in un frangente dissonante con batteria percussiva. Ottimo preambolo al solo. Questo è caratterizzato da passaggi lenti alternati a corse scavezzacollo. Interessanti le soluzioni armoniche scelte, studiate. Il finale è in crescendo. In questo brano possiamo trovare le coordinate che segnano tutti il disco. Potenza, tecnica, melodia, aperture inattese. Soprattutto, groove. Tantissimo groove. Nonostante la velocità. Si, perché andare veloce è un imperativo di tutto il lavoro. Non in maniera costante e ripetitiva. Ma si corre. Fanno poi capolino qua e là inserti elettronici, come nel caso della title track.
Anche in questo caso massara si supera con un solo preciso, mai eccessivo, di gusto. Da ribadire, non stiamo parlando di un disco che cambierà le coordinate o le sorti del thrash metal. Neppure stiamo parlando di nostalgia e quindi di soluzioni già sentite. Stiamo trattando di un lavoro fresco, suonato in maniera superba, con un’ispirazione nel songwriting che la band non vedeva da decenni.
Ogni singola canzone è da ascoltare i riascoltare decine di volte. Ciò che sempre stupirà sarà il non trovare die riferimenti stilistici diretti. Ossia, il suono risulterà ‘familiare’ ma non saprà di già sentito. Le soluzioni armoniche, ritmiche, i passaggi solisti lavorano perfettamente per creare un suono unico.
Il solo richiamo possibile è agli Extrema. Ma a quelli meno impegnati ad inseguire i suoni del momento o gli stili più in voga. Quelli dei primi dischi dove l’urgenza era esprimersi, suonare, urlare senza barriere stilistiche, senza limiti di genere. Gli Extrema che si ricordano con più affetto, facendo headbanging fino a far cadere la testa per terra. Quelli che nel disco paiono aver ripreso in mano le redini della propria carriera, delle proprie scelte artistiche senza voler rendere conto a nessuno. Soprattutto, senza dover dimostrare nulla a nessuno. Un grandissimo lavoro che nessuno avrebbe mai potuto dare per scontato.