Bravi davvero i Chrysarmonia. Una delle prime caratteristiche che saltano all’orecchio è la freschezza dei loro brani. Seppur genericamente in quadrabili in ambito rock, i nostri riescono a trasmettere una frizzantezza non comune. Chiariamo subito. Quando dico frizzantezza non dico popo musica salterina. Intendo proprio canzoni freche, nuove. Il che non è da tutti. Tutto è al posto giusto. Melodie, accompagnamenti, struttura, voce. Trattandosi di un’autoproduzione non è certo un risultato scontato. All’interno di questo Fly me to the sun si trovano molte influenze diverse.
Dall’hard rock all’aor, dal metal, al rock contemporaneo passando attraverso il soul. Davvero notevole la sezione ritmica. Basso a batteria non fanno mai mancare il proprio apporto nella creazione di un buon wall of sound molto melodico. Essendo una formazione con tre musicisti, voce esclusa, è un ottimo punto di arrivo. In modo particolare è il basso che spesso domina la scena. Passa da una tecnica all’altra con fluidità, senza scossoni o tentennamenti. Pur essendo una band relativamente giovane i nostri posseggono un songwriting maturo, completo.
Passando all’analisi del disco. Questo apre con Dangerous, un rock trascinante con cori e ritornello killer. Dopo due ascolti lo si canticchia senza problemi. Ciò non vuol dire che si tratta di un brano banale. L’andamento è serrato, monolitico. Ottimo l’utilizzo dei cori. La voce è il vero mattatore. Coinvolge e trascina l’ascoltatore fino all’ultima nota. Il solo è di gusto, circostanziato. Sul finale i cori richiamano band hard rock anni ’80. Si prosegue con Criminal. Si cambia stile. Dopo un ingresso in stile Crambarries, entra una ritmica spezzata. Su questo poggiano la voce e la chitarra con una melodia di accompagnamento.
Il brano riapre sul ritornello eseguito con power chord lunghi, aperti. Si torna allo spezzato. Qualche stop and go dona ulteriore dinamica. Nuovo refrain in perfetta contrapposizione con la ritmica precedente. Lo special centrale è perfetto quanto inatteso. Batteria in levare, basso che abbandona l’accompagnamento canonico per dedicarsi ad una breve linea di walking. Il tutto è preludio al solo. Anche in questo caso azzeccato. La reprise segna un nuovo cambio. Questa volta è il basso a prendere il comando.
Accompagnamento percussivo con batteria solo di cassa. Si torna poi sul ritornello che conduce alla fine con una cavalcata metallica. Falling down disegna una nuova atmosfera. Basso in slap, batteria in controtempo, chitarra in arpeggio leggero, voce eterea. Il brano poi esplode sul refrain che funge da omaggio ad Anouk. La struttura si ripete alternando i due frangenti. La chitarra si distingue grazie alle linee melodiche che si discostano dalla base. Nuovo cambio che anticipa il solo.
Ambientazione quasi prog grazie alla voce che si sdoppia e ai tempi ti batteria. Il solo entra lancinante con note lunghe. Intenso. Esplode nuovamente il refrain con la voce che vola altissima per poi abbandonarsi a momenti quasi a cappella. Il finale vede solo lei e il basso. My favorite things è una cover della canzone composta da Richard Rodgers e Oscar Hammerstein II per il musical The Sound of Music (Tutti insieme appassionatamente). Una scelta singolare. Il risultato è un brano intenso, sentito, appassionato, elettrico.
Sul finale è ancora una volta la voce a dominare con un frangente solista con accompagnamento minimale di basso. I toni si rialzano con la successiva Burns. Dopo un introduzione a ‘gamba tesa’ è la sezione ritmica a guidare la canzone. La chitarra macina riff su riff che incrocia con la ritmica. Sulla strofa c’è un calo din intensità degli strumenti per lasciare il giusto spazio al cantato. Questo è un continuo variare, sali scendi. Menzione va, ancora una volta, all’ottimo utilizzo dei cori.
Non manca neppure in questa composizione un cambio radicale. Che avviene verso i ¾. Dal ritornello si passa in un ambiente più morbido. La chitarra si sdoppia tra ritmica piena e arpeggio distorto. Si cambia di nuovo per il solo. La ritmica si fa quasi prog. Il rientro è una nuova sorpresa. Ritmica spezzata, voce incalzante. Una gara di timbriche diverse segna il finale. Si arriva così alla prima composizione acustica del disco, Epica. Chitarra strumming segna l’andamento del brano.
Sonorità che resterà anche dopo l’ingresso della sei corde elettrica. Notevole il break di batteria percussiva che anticipa un cambio di andamento. Entrano infatti diversi punti pieno vuoto. Rientra il refrain a ritmica serrata. Nuovo cambio con una voce più che notevole che funge da anticamera dell’a solo e del nuovo cambio epico che porta al finale. Surrender riporta su coordinate più ‘canoniche’ anche se di canonico poco si trova in questo disco. Melodia a profusione accompagnano questa power song degna dei Giuffria, pur senza tastiera. Ritornello assassino, voce coinvolgente.
Ottimo il break centrale. Chitarra serrata, batteria percussiva, voce sussurrata ma ferma. Il solo seguente è ben messo. Riapertura sul ritornello e finale in decrescendo. Time to kill è la power ballad di turno. Intro acustica, esplosione elettrica, accompagnamento in crunch. Un certo gusto retrò si mischia all’hardrock degli anni ’80. Stop and go segna il confine tra prima e seconda strofa. Il ritornello è caratterizzato dalla doppia vice su registri differenti. Ma non solo. Ad un certo punto le due si scollegano e l’una funge da controcanto all’altra fino all’acuto finale. Questo è l’introduzione del solo. Incisivo.
Ottimo il lavoro della sezione ritmica che dona la giusta dinamicità al brano. Finale al fulmicotone con un acuto potentissimo, pieno e trascinante. Torna il basso in slap con Hey. In generale potremmo parlare del richiamo di atmosfere anni ’90. base funkyeggiante su voce narrante. Lo scoppio del refrain fa entrare suoni pieni e percussivi. Su questi la voce si libra con leggerezza arrivando ad altezze vertiginose. Si riabbassano i toni nell’alternarsi della struttura. Davvero notevole il cambio sul finale.
Diversi sono gli stili che si alternano. Da momenti quasi power a scariche metal che fanno base per il solo. Su questo si poggia la voce che vola sempre più in alto. Forever è il secondo brano lento. Intro acustica, d’atmosfera. Batteria minimale. Il crescendo porta al ritornello caratterizzato da accompagnamento pieno. Le due parti si alternano favorendo una melodia davvero azzeccata. Il prosieguo richiama l’hard rock dei migliori Bon Jovi. Penutlimo brano è la titletrack. L’andamento iniziale è acustico.
Gran lavoro del basso che non si limita ad un accompagnamento standard. Nel complesso il brano è variegato e colmo di richiami e influenze. Si passa da momenti tipici del prog anni 70, anche di derivazione italiana, alternati a frangenti acustici e puramente metal. Come avvenuto per molti alti altri brani è la voce a fare la vera differenza. Dalle profondità del mare alle vette più alte.
Su queste introduce il solo. Lento, sentito, melodico. Il disco chiude con Beautifull maiden, il brano più strettamente metal. Ritmica serrata, batteria percussiva. Poca luce. Almeno fino all’arrivo del refrain. Qui uno spiraglio arriva, tuttavia non riesce a diradare le tenebre. Ottimo il lavoro delle chitarre che si suddividono tra ritmica e di ‘contorno’. A metà break ritmico con voce orientaleggiante. Preludio all’intervento solista che introduce un crescendo basato sul ritornello. La canzone non ha tregua fino all’ultima nota.
Concludendo. Un lavoro davvero notevole quello dei Chrysarmonia. Denso, sentito, trascinante. Soprattutto che non si pone limiti di genere o sonorità. I nostri vogliono esprimersi e lo fanno nella forma e nel modo che meglio li rappresenta. Questa scelta dona quella freschezza di cui in apertura, difficile da ottenere. Complimenti a tutta la band. Musicisti preparati, non ossessionati dalla tecnica ma dal modo migliore per rendere i propri racconti. Se proprio volessimo trovare qualcosa da migliora, io direi l’aspetto solista. In diversi frangenti a solo di diverso tipo avrebbero dato alle canzoni una marcia ulteriore, un impatto più incisivo. Ma è un fatto soggettivo. La scelta fatta nulla toglie al valore complessivo del disco. Davvero bravi.