Giovanissima realtà nostrana i GrandeVille propongono un genere senza limiti e confini. Un fiume in piena che porta con sé la leggerezza del pop amalgamata con la potenza del rock e del metal. Una miscela esplosiva assolutamente interessante. In questa intervista spiegano il loro concetto di musica da vivo, cosa pensano dell’underground oggi, e molte altre stimolanti curiosità. Da non perdere
Una presentazione per chi non vi conosce
Siamo una nuova realtà che mescola elementi derivanti dal pop e rock alle sonorità metal.
Entriamo subito nel merito dell’intervista: per qualcuno la musica live sta morendo. Cosa ne pensate?
Al contrario, le esibizioni dal vivo sono uno dei pochi metodi che hanno anche le grandi band per poter, ormai, “vendere” la propria musica. Il problema è che la forbice è sempre più grande, ovvero sempre più concerti enormi per la grandi band e sempre più difficile organizzare piccole manifestazioni per gli emergenti.
Che cosa vuol dire per voi suonare dal vivo?
Nell’epoca degli home studios è l’unico metro di paragone per determinare la qualità di un gruppo. È ciò che smaschera la mera produzione dal talento.
Perché avete deciso di prendere parte ad un festival?
Questo festival lo abbiamo ideato noi per aiutare il figlio del nostro cantante che ha seri problemi di salute.
Secondo la vostra esperienza, come è cambiato il pubblico?
Difficile dirlo, dipende dalla risonanza che può generare l’evento in cui si è partecipi. Mi viene in mente l’esempio del violinista più bravo al mondo che suona nella metro e nessuno se lo fila. La sera stessa, magari le stesse persone che erano passate per la metro, hanno pagato chissà quanto, mi viene da dire, non per ascoltare ma per dire di esserci stato.
Vedete un cambio generazionale?
Assolutamente si. Credo che la vecchia generazione non si ritrovi mai con quella subito dopo. È così, da sempre. La domanda che mi faccio, però, è dove va a finire l’intelligenza precoce che oggi si vede nei bambini piccoli di 4/5 anni, quando diventano adolescenti e assolutamente fuori da ogni schema comportamentale plausibile.
La difficoltà maggiore del suonare dal vivo?
I costi. Costi insostenibili a volte per fare qualcosa di più organizzato. Voli, benzina, trasferte, quasi sempre tutto a carico dell’artista.
Cosa manca ai concerti, pubblicità, supporto del pubblico o cosa?
Manca l’abitudine di uscire, mancano i fondi, manca il supporto locale, mancano locali attrezzati.
Una band per cui vi piacerebbe aprire?
Bring Me The Horizon
Una che vorreste aprisse per voi?
Qualsiasi
Il vostro concetto di underground?
Credo si possa associare al concetto di “nicchia”, una comunità, un qualcosa di così diverso ma che allo stesso tempo riesce a farti sentire parte di un qualcosa.
La sua ‘malattia’ peggiore? La cura?
Prima per scovarlo dovevi uscire, ora basta aprire spotify. Servirebbe un ritorno alle origini.
Una band underground che consigliereste?
Sono veramente troppe, identificarne una è impossibile.
Una mainstream che ancora vi stupisce?
Sempre BMTH, sono maturati veramente molto nel corso del tempo, dimostrando di non essere una meteora.
Una domanda che non vi hanno mai posto ma vi piacerebbe vi fosse rivolta?
Non lo so, ma posso dirti una che non vorrei venisse fatta a tutti i musicisti: “si, ma che lavoro fai?”.
Se foste voi ad intervistare, ipotizzando di avere a disposizione anche una macchina del tempo, chi intervistereste e cosa gli chiedereste?
Sicuramente vorrei parlare con i Linkin Park e chiedergli come hanno fatto a trovare la formula magica per fare quello che hanno fatto.
Un saluto e una raccomandazione a chi vi legge
Partecipate numerosi il primo luglio. Noi ci faremo trovare pronti, e voi?!