Una delle domande che pongo sempre durante le interviste è: come avete fatto? E il processo creativo è una parte del lavoro dei musicisti che mi ha sempre affascinato. In ogni genere. Dal punk rock al prog più sperimentale, dal post punk al techno thrash. Quello che mi sono sempre chiesto è come fanno a venire in mente determinate soluzioni? Ma non solo, come fanno da idee a trasformarsi in riff e poi in canzoni? Qualche settimana fa parlando con la cantante di un un gruppo mi ha spiegato come nella loro musica non c’è nulla di ‘istintivo’. Il modello: per far funzionare una band è sufficiente che ognuno adempia al proprio compito, per lei non funzionava.
Anzi, non aveva mai funzionato. Al che la questione nella mia testa si è complicata ancora di più. Se non va l’incastro in sala prove, come si fa a scrivere una canzone? Cioè, mi metto a tavolino e, matematicamente, ne studio l’armonia, i tempi, la melodia e tutto il resto? Ammesso che sia un processo fattibile, come riesco poi a trasferire il tutto sugli strumenti? Se c’è disparità di preparazione tra i diversi elementi diventa un problema. Come non mi sembra neppure una condizione efficace che scriva tutto una sola persona. Dal mio punto di vista una band è tale perché crea assieme.
Non certo perché esegue ciò che uno solo ha ideato. In mente mi viene sempre la Black Page di Zappa. A livello teorico è un magnifico esercizio di tecnica. Il bello è che, leggenda vuole, sia scaturita durante un a solo di batteria di Terry Bozio. Successivamente è stata poi arrangiata anche con gli altri strumenti. Quello che mi chiedo è come ha fatto Bozio a suonare determinate soluzioni? Le aveva preparate? E se le aveva preparate, le ha prima scritte o improvvisate? Diciamo che avendo il canovaccio la creatività di Zappa ha dato il colpo di grazia giocando con in numeri.
Ma anche in quel caso, come si fa a dare forma concreta ad un’idea del genere? Il momento creativo è uno momenti più belli del suonare assieme. Per quanto mi riguarda è pura magia il vedere gli elementi che si incastrano alla perfezione dando vita a qualcosa di concreto, di lineare. È il mistero di questo passaggio ad affascinarmi. Invidio chi è capace di dare vita ai propri pensieri con uno strumento. Che si tratti della voce, del pianoforte, del kazù o della batteria. Suonare è parlare. Raccontare. L’aspetto meraviglioso della musica è la sua multietnicità a prescindere.
Sono talmente tanti i generi e le modalità espressive che è impossibili elencarle. In tutte, però, si sviluppa lo stesso processo. Che sia uno solo o un ansamble il risultato non cambia. È alchimia. Ciò che mi piacerebbe capire è come accade. Da dove arrivano quei suoni? Dalla testa o dal cuore? Chi suona black metal ultratecnico, come fa a scrivere quei riff? E chi invece si occupa di cantautorato o punk rock? Da dove le prende le linee melodiche? Come cambia l’aspetto compositivo per chi fa uso del rumorismo o del post punk? Perché qualcuno vuole rompere lo schema del sistema canzone?
Che limiti pone alla creatività? Come si capisce se si è portati più per un genere i più per un altro? Quanto si deve studiare per riuscire ad avere il vocabolario necessario per potersi esprimere al meglio? L’istintività in che modo pesa nella composizione? Andrea Ra nella sua video intervista ha detto che le sue canzoni nascono da un’idea iniziale ritmica che poi viene sviluppata. In che modo? È la testa a dire cosa aggiungere o è il brano ‘che porta’ in una determinata direzione? Non stiamo parlando della distinzione tra passione e tecnica, tra emotività e freddezza.
Stiamo parlando del comporre. Lo stesso Hendrix investiva una enorme quantità di tempo nella sperimentazione. Anzi, tutta la sua musica era frutto di sperimentazione. Pur non sapendo leggere lo spartito il suo orecchio assoluto la aiutava a compensare. Ciò che avrebbe potuto scrivere lui lo suonava direttamente. E cosa dire dei compositori di musica classica, sia storici sia contemporanei? In che modo viene in testa una sinfonia? Come si fa a pensare all’intreccio dei diversi strumenti? Chi compone ‘sente’ già il risultato? È come si fotografa che quando si scatta, in realtà, la foto era già nella nostra testa? E quanto conta ciò che leggiamo, vediamo, viviamo?
Lo so, sono mille domande ed è l’argomento che le fa nascere. Capire la magia del processo creativo credo sia impossibile, ma riuscire ad intuirne il funzionamento per ognuno lo rende ancora più incredibile. E per voi, come funziona?